Egemonia Usa: Brzezinski osserva il proprio ombelico credendo di guardare il mondo

di Dario Rivolta * –

rivolta darioSono da sempre un grande ammiratore della capacità di analisi politica di Henry Kissinger, ma confesso di non aver mai provato gli stessi sentimenti per chi fu consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente Jimmy Carter, Zbigniev Brzezinski. I miei dubbi sulla sua capacità analitica vengono confermati dalla lettura di un suo recente scritto, “Verso un riallineamento globale”, pubblicato qualche settimana fa su di una rivista americana. Si tratta di una veloce e approssimata lettura dell’attuale situazione mondiale con le ricette che il professore universitario polacco-americano propone per salvaguardare la pace nel mondo, garantendo nel frattempo il mantenimento della supremazia americana.
Parte con la premessa che gli Stati Uniti siano tuttora la maggior potenza mondiale sia in termini politici, economici e militari (vero). Aggiunge che la Russia si trova in una “fase convulsiva finale”, che la Cina non è ancora una vera sfida per il dominio americano ma che sta lentamente crescendo, che l’Europa non sarà mai una potenza globale e che il “risveglio” islamico origina principalmente da un risentimento verso le ex potenze coloniali ed è favorito da una ritrovata unità in nome della religione. Ammette, tuttavia, in quest’ultimo caso che le divisioni settarie interne indeboliscano questo fronte.
Dopo aver proceduto con l’elencazione di stermini d’intere popolazioni, commessi, a suo dire, sostanzialmente dagli europei in Medio Oriente, Sud America e altrove (i numeri citati sono inspiegabilmente esagerati), identifica stranamente nel risentimento causato da quel ricordo storico il motivo principale del desiderio mondiale di cambiamento degli equilibri politici. Naturalmente auspica che gli Stati Uniti debbano essere ancora una volta la guida per il nuovo ordine mondiale, senza che i disordini scoppiati o che scoppieranno nel Terzo Mondo possano distruggere la stabilità globale. In altre parole, suggerisce cosa gli Usa debbano fare per mantenere la loro supremazia.
Prosegue poi identificando le azioni necessarie perché i suoi auspici si realizzino.
Propone quindi che i problemi del Medio Oriente siano affrontati coinvolgendo, in misura diversa, sia Russia che Cina ma che per far questo occorra che la Russia sia “scoraggiata dall’utilizzare un uso unilaterale della forza contro i suoi propri vicini” (precisa: Ucraina, Georgia e Stati Baltici) e che la Cina non s’illuda di potersi “egoisticamente” tenere fuori dai problemi mediorientali. Ammette che, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, sia l’occidente sia la Cina stanno operando negli ex Stati sovietici a “svantaggio della Russia”, ma suggerisce a quest’ultima di non farci caso e di puntare a diventare una parte della futura unificazione dell’Europa. Per quanto riguarda Pechino, gli converrebbe cercare di diventare un partner principale di Washington nel contenimento del “caos globale”. Sarà naturale che qualche altro Paese con ambizioni (ingiustificate?) possa creare problemi, ma un’azione congiunta di Usa, Cina e Russia saprebbe tenere tutti a bada. Ivi compresi gli “alleati europei”, una volta dominanti in Medio Oriente, ma oggi solo utili per un gioco di sponda in questi frangenti.
Se questo non succedesse e si scegliesse invece da parte degli Usa l’isolazionismo, ciò potrebbe far precipitare il Medio Oriente nel caos e Russia e Cina potrebbero approfittarne mentre l’Europa, divisa com’è, andrebbe alla ricerca di nuove protezioni, magari proprio a Mosca o Pechino. Ovviamente, per ottenere l’adesione russa al progetto “lungimirante” di Brzezinski, occorre che se ne vada Putin perché solo così Mosca diventerebbe “ragionevole”. Se, da parte sua, la Cina non sposasse questo progetto, correrà il rischio di rimanere intrappolata in future guerre con il Giappone, l’India o gli stessi Stati Uniti.
Se non sarà possibile avere la collaborazione di entrambe le due potenze, gli americani dovrebbero cercare di coinvolgerne almeno una, se non altro per impedire una loro possibile alleanza contro Washington. Quale tra Cina e Russia sia l’alleato preferito, lo si capisce verso la fine dello scritto, secondo cui “…mentre nessuno Stato nell’immediato futuro può presumibilmente eguagliare la superiorità economico finanziaria americana… qualche Paese potrebbe, con nuovi sistemi d’arma, cercare il suicidio in un occhio-per-occhio con gli Stati Uniti o perfino prevalere….l’improvvisa acquisizione da parte di qualche Stato della possibilità rendere l’America militarmente inferiore segnerebbe la fine del ruolo globale degli Stati Uniti. Il risultato sarebbe molto probabilmente un caos mondiale. Ecco perché è doveroso che gli Stati Uniti costruiscano una politica con cui almeno uno dei due Stati potenzialmente minacciosi diventi un partner nella ricerca di una stabilità regionale e, in seguito, globale. Attualmente il più probabile concorrente è la Russia ma a lungo termine potrebbe essere la Cina”.
Brzezinski grandeChe dire? Che un politologo si preoccupi del futuro del proprio Paese e pensi a soluzioni per mantenerne il ruolo nel mondo o addirittura migliorarlo è legittimo. Ciò che stupisce non è la naturale ambizione di garantirsi una posizione dominante, è, piuttosto, la superficialità dell’analisi che sembra non accorgersi di quali siano rispettivamente le attuali forze e ambizioni dei due Paesi menzionati. Pensare che la Cina possa diventare un pericolo a “lungo termine” e che la Russia lo sia già oggi, significa osservare il proprio ombelico credendo di guardare il mondo. Probabilmente Brzezinski, come molti altri politici americani, non si è ancora accorto che il tempo passa, che le truppe sovietiche in Afghanistan sono state sostituite da quelle della Nato, che in Ucraina la “manina” era della signora Nuland, che la Russia, anche se lo volesse, non potrà mai più ridiventare l’Unione Sovietica. Al contrario, Pechino è già “oltre” e la concorrenza con gli Stati Uniti è partita da qualche tempo. E’ chiaro che la Cina punta a un ruolo di primo attore sulla scena internazionale e non è certo disponibile a mettersi sulla scia di Washington per garantire a quest’ultima il mantenimento della supremazia mondiale.
I cinesi sanno agire con lungimiranza e, dopo essersi procurati un ruolo determinante nell’economia, puntano ad attaccare l’egemonia dell’occidente sia sul piano militare che finanziario. E’ vero che, militarmente, sono ancora lontani dal poter essere alla pari, nei mari e nei cieli, della grande potenza americana ma i segnali di quali siano le loro ambizioni sono evidenti. Basta guardare a cosa sta succedendo nel mar Cinese Meridionale e nell’oceano Indiano. Anche dal punto di vista economico e finanziario han dimostrato di muoversi con cautela, ma con altrettanta determinazione. L’ingresso nel Wto, gli interventi sullo yuan e la creazione di enti internazionali alternativi alla Bmi e al Fondo Monetario sono sotto gli occhi di tutti.
Già al suo incontro annuale, tenutosi lo scorso fine giugno a Pechino, l’Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib), guidata dalla Cina, ha manifestato la volontà di accogliere oltre cento Paesi (l’Italia si è già associata) con l’intento di diventare il più importante istituto di credito delle economie emergenti. In quest’ottica intende assumere la leadership mondiale nel finanziamento delle grandi infrastrutture. Si consideri che già oggi la Cina supera gli Stati Uniti nel finanziamento delle infrastrutture globali. Tutto questo non è preso in considerazione dal professore della John Hopkins?
Immaginare una Cina che sia un po’ “meno egoista” e adotti le priorità decise dagli americani è un’illusione smentita da quanto sta accadendo. Come non accorgersi che Pechino ha ben altre strategie in testa da quelle auspicate nello scritto citato?
Ciò che i nostalgici della guerra fredda non riescono a capire è che il nostro “nemico”, a “breve” termine e non a “lungo”, non sta più nell’Eurasia, bensì proprio in Asia e che, per contrastarlo, noi abbiamo bisogno di un legame di collaborazione più stretto con la più grande riserva di materie prime al mondo, la Russia. Anche a Mosca sanno che una loro alleanza con Pechino li vedrebbe come partner di secondo piano e su questa consapevolezza noi dobbiamo puntare per averli dalla nostra parte. Continuare a cercare di umiliare la Russia spingendola lontano da noi, come gli Usa e l’Europa stanno facendo, fa solo il gioco di chi approfitterà di questa divisione per costruirsi il proprio futuro a spese nostre.

Nelle foto:
– Dario Rivolta;
– Zbigniev Brzezinski;

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.