Emergenza R. D. Congo. Intervista a Kate Moger, di Save the Children. E sui bambini soldato…

di Giacomo Dolzani –

uganda bambini soldatoOrmai da anni, nella Repubblica Democratica del Congo è in corso un conflitto tra armate più o meno grandi di movimenti ribelli e le forze governative. Di recente si è verificato un nuovo intensificarsi delle violenze a causa dell’offensiva lanciata dal gruppo ribelle M23, il Movimento del 23 marzo, che chiede il rispetto da parte di Kinshasa degli accordi di pace firmati tra il governo congolese ed il Congresso Nazionale per la Difesa del Popolo (Cndp), ex formazione militare nata in Kivu, una regione orientale del paese, ed in lotta contro le forze regolari della RDC, costituitasi in partito politico ed in seguito incorporata nello stesso esercito nazionale.
Da una branca del Cndp, il 4 aprile 2012, è nato il Movimento del 23 Marzo che ha lanciato la sua campagna militare contro il governo di Kinshasa.
Le ragioni di queste ostilità non pare siano però solo politiche, in ballo ci sono anche le risorse naturali di cui sono ricche alcune zone del paese, e quindi il loro controllo.
Anche in questo conflitto, come in molti altri che hanno interessato paesi dell’Africa subsahariana, molte associazioni umanitarie hanno fatto presente con preoccupazione il problema dell’arruolamento dei cosiddetti bambini soldato da parte delle formazioni ribelli per combattere la loro guerra.
Notizie Geopolitiche ha intervistato Kate Moger, Humanitarian Team Leader di Save the Children nella Repubblica Democratica del Congo.
– Grazie per aver accettato la nostra intervista, può farci un quadro della situazione nella Repubblica Democratica del Congo per quanto riguarda l’infanzia?
Attualmente nella Repubblica Democratica del Congo è in corso una crisi umanitaria da quando un conflitto, tra gruppi armati e forze governative, ha coinvolto la regione del Nord Kivu, una provincia orientale della RDC.
Migliaia di famiglie e bambini sono fuggiti dalle loro case in cerca di un posto sicuro, e vivono ora in campi dove le condizioni di vita sono molto misere e l’accesso a cibo, acqua e cure mediche è limitato.
In questa situazione i bambini sono i più vulnerabili e Save the Children è estremamente preoccupata per il loro benessere. Ad esempio, nel caos che si è creato, migliaia di bambini sono rimasti divisi dai loro genitori – abbiamo ricevuto rapporti di almeno 900 bambini separati dalle loro famiglie soltanto in un’area del Nord Kivu. Da soli e non protetti sappiamo che sono a grave rischio di reclutamento da parte di gruppi armati, di violenza sessuale o lavoro forzato.
Abbiamo incontrato una ragazza, Lillian che, tornando a casa da scuola, ha ritrovato il suo villaggio occupato da gruppi armati. La sua famiglia era fuggita e lei fu obbligata a percorrere da sola il viaggio verso Goma, dove ora vive da sola. Mentre fuggiva ha anche assistito allo stupro di quattro sue amiche, e lei ha solo 14 anni.
Così come Lillian, sappiamo di molti altri bambini che hanno assistito a cose terribili e le stanno ancora affrontando”.
– Save the Children ha lanciato un allarme riguardo alla possibilità che dei bambini possano essere arruolati come soldati, pensa che il problema sia stato fatto proprio dalla comunità internazionale? Che azioni pensa dovrebbero essere intraprese dalla comunità internazionale per risolvere il problema?
Molti bambini sono stati separati dalle loro famiglie e ora vivono in aree dove gruppi armati sono accusati di arruolare minori tra le loro file. Ci sono stati dei rapporti che parlano di questi reclutamenti e, benché Save the Children non possa verificare indipendentemente la veridicità di queste informazioni, sappiamo che in passato questi gruppi si sono fatti pochi scrupoli nell’arruolare bambini e non c’è ragione di credere che questa volta abbiano cambiato approccio.
C’è inoltre anche il rischio che ci siano ragazze rese schiave, come le cosiddette “mogli”, sottoposte a violenza sessuale e lavori forzati.
C’è quindi un enorme bisogno di sostenere questi bambini a lasciare simili gruppi e a reintegrarsi nella società.
Save the Children lavora nella RDC sin dal 1994 con questi bambini legati a gruppi armati, anche mobilitando ed educando la popolazione riguardo al rischio del reclutamento di minori.
Noi sappiamo cosa fare, ma abbiamo bisogno di fondi per portare avanti le nostre attività. Il supporto finanziario alle associazioni umanitarie che operano in queste aree è insufficiente, la comunità internazionale deve fare di più per supportare le organizzazioni locali e sovranazionali, in modo che possano far fronte a queste necessità.
Deve essere inoltre messo in atto un approccio coordinato locale, nazionale ed internazionale per affrontare sia le cause immediate che la radice del problema dell’arruolamento di bambini”.
– Ci può spiegare di più su come nei fatti vengono arruolati questi bambini soldato?
Come già detto il conflitto ha portato alla fuga di migliaia di persone in cerca di un luogo sicuro in cui stare. In questa situazione caotica può spesso capitare che i bambini si ritrovino divisi dalle loro famiglie e, una volta soli, diventano una facile preda per i gruppi armati. Queste formazioni armate hanno la fama di invadere i villaggi e reclutare a forza i ragazzi giovani strappandoli dalle loro famiglie.
È un problema ricorrente in questa regione e quando ci sono esplosioni di violenza tra questi gruppi armati i casi aumentano.
Vengono utilizzati i bambini perché costano poco, sono facili da manipolare e da controllare.
Generalmente non vengono pagati e vengono utilizzati per svolgere compiti che gli adulti non vogliono fare e possono anche essere costretti a compiere atti di grossolana violenza.
Proprio perché sono bambini destano meno sospetti, possono quindi essere utilizzati come spie, agire come corrieri o compiere atti di sabotaggio.
È importante anche notare che, benché questi gruppi armati utilizzino spesso la violenza per arruolare bambini, molte volte sono però gli stessi genitori a spingere i figli ad unirsi alle file di queste formazioni militari, magari perché per loro non c’è altra possibilità di sostentamento.
Per alcuni ragazzi, arruolarsi con un gruppo armato rappresenta l’unica alternativa al vivere nella povertà o in un campo profughi, dove non avrebbero possibilità di ricevere un educazione o di guadagnarsi da vivere.
Le conseguenze per questi bambini sono molto serie – comprese il ritiro dagli studi, traumi psicologici, rischio di finire nel giro dello sfruttamento sessuale o dei lavori forzati, l’eventualità di rimanere feriti o di essere uccisi”.
– Questo fenomeno è stato registrato anche in altri paesi, quali misure sono state perse per contrastare il problema?
“Certo, questo non è un problema confinato nella RDC, sebbene qui la questione sia particolarmente grave.
Le leggi internazionali già vietano il reclutamento di ragazzi minorenni per essere utilizzati nei conflitti, ma in certi paesi i bambini vengono ancora usati per combattere guerre, spesso maltrattati ed sfruttati nelle maniere più aberranti.
Noi crediamo che la prevenzione sia la miglior protezione per i bambini. Lo scorso mese Save the Children ha insegnato a migliaia di ragazzi ed adulti del Nord Kivu quali sono i rischi legati al reclutamento dei bambini e come è possibile prevenirli.
È necessario che finisca l’impunità per i gruppi armati e dobbiamo anche garantire che ci siano abbastanza opportunità di istruzione e di lavoro nelle aree interessate dai conflitti. Save the Children sta lavorando anche a livello di villaggio per fornire agli abitanti le competenze e le conoscenze per prevenire e contrastare l’arruolamento forzato o volontario dei bambini”.