Escalation in Medio Oriente: i sauditi bombardano l’ambasciata iraniana nello Yemen

di Enrico Oliari

Houthi sana bombardataPrecipita la situazione tra l’Iran e l’Arabia Saudita a seguito dell’esecuzione della condanna a morte dell’ayatollah Nimr al-Nimr: gli aerei di Riyad hanno bombardato l’ambasciata iraniana a Sanaa, nello Yemen, paese dilaniato dalla guerra dopo il golpe degli sciiti houthi che ha portato al rovesciamento del presidente Abd Rabbo Mansour Hadi.
Il gesto, che va contro l’invito degli Stati Uniti e della comunità internazionale a stroncare l’escalation in corso, arriva dopo che in Iran è stata distrutta dai manifestanti l’ambasciata saudita ed incendiato il consolato di Mashad, e dopo il richiamo degli ambasciatori di Arabia Saudita, Sudan, Bahrein, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Gibuti.
Per l’intelligence iraniana non ci sono dubbi che l’ordine di colpire l’ambasciata, ferendo diversi funzionari, sia arrivato da Riyad, ed il presidente Hassan Rohani ha accusato i sauditi di spingere per “le divisioni tra sunniti e sciiti bombardando lo Yemen e minando i governi di Iraq e Siria, fornendo fondi e armi all’Isis”.
Risale al 26 marzo l’inizio dei raid sulle posizioni degli houthi della coalizione della Lega Araba, guidata dall’Arabia Saudita e che vede coinvolti Egitto, Sudan, Giordania, Marocco, Bahrain, Qatar e Emirati Arabi Uniti. Ai militari di terra si sono aggiunti mercenari di ogni dove, ed in ottobre si è appreso dell’arrivo di 800 colombiani esperti di guerriglia, in appoggio alle forze di Abd Rabbo Mansour Hadi.
Il golpe degli houthi, dietro al quale vi sarebbe l’Iran (che però nega), è arrivato dopo che per mesi avevano chiesto invano alcuni riconoscimenti come l’inserimento di 20mila appartenenti alla minoranza sciita nelle forze armate governative, l’assegnazione di 10 ministeri e l’inclusione nella regione di Azal, di Hajja e dei governatorati di al-Jaw. Gli houti sostengono l’ex presidente Ali Abdallah Saleh.
Per Rohani i sauditi “Non vogliono la stabilità e la pace nella regione per coprire i problemi interni e le politiche regionali fallimentari”. Difficilmente gli si potrebbe dare torto, se si pensa che dietro al conflitto siriano ci sono in primis le monarchie del Golfo, ma anche altri attori, che hanno tentato di strappare la zona di influenza ad Iran e Russia sostenendo anche economicamente non solo le opposizioni, ma anche i gruppi jihadisti cominciando da Jabat al-Nusra (diramazione di al-Qaeda in Siria) per arrivare all’Isis.
Per lo Yemen la musica non cambia, salvo il fatto che lì le parti sono invertite, con le monarchie del Golfo in sostegno all’ancien régime, mentre gli iraniani stanno con gli insorti.
Se i sauditi soffiano sul fuoco, Teheran ha invece interesse alla de-escalation, per quando abbia chiuso alle importazioni dall’Arabia Saudita ed i pellegrinaggi alla Mecca. Sul piatto infatti vi è accordo sul nucleare, le cui fasi conclusive sono attese a breve: pacifico che il potente principe saudita e ministro degli Esteri Adel al-Jubeir stia tentando di rallentare la conclusione dell’accordo, come pure di osteggiare la presenza della delegazione iraniana in sede di trattative per un accordo di governo di unità nazionale in Siria.