Finlandia. Via la penna agli scolari. Ma ci sono dubbi sulle conseguenze

di C. Alessandro Mauceri

Scuola bambiniNei giorni scorsi molti giovani giapponesi hanno deciso di festeggiare l’inizio del nuovo anno con un corso sulla scrittura, anzi sulla “bella scrittura”. Questo è il significato etimologico della parola “calligrafia”. Un modo di scrivere che nel Paese del Sol Levante è considerato più che un semplice mezzo per comunicare: è una vera e propria arte, chiamata “Shodo”. Un’arte difficile e molto articolata che si impara solo dopo lunghi anni di pratica.
A molte migliaia di chilometri di distanza, invece, c’è chi pensa che saper scrivere non serva più a molto. Al punto che hanno deciso di cancellarla dai programmi scolastici. Dal 2016 in Finlandia ai bambini non sarà più insegnato a scrivere in corsivo. Tutti i compiti verranno fatti su tablet. Quindi, almeno secondo gli esperti educatori scandinavi, non servirà più concentrarsi sulla “bella scrittura”, ma sarà più utile concentrare l’attenzione dei bambini su un’altra disciplina: il fluent typing. “Sappiamo che stiamo mettendo in atto una trasformazione profonda, ma crediamo che saper scrivere al computer sia in questo momento più rilevante, nello svolgimento della vita di tutti i giorni” ha dichiarato Minna Harmanen, membro del Consiglio Nazionale dell’educazione finlandese. In realtà, pare che i bambini non smetteranno completamente di usare penna e matita, ma ne faranno un uso estremamente marginale.
Con quali conseguenze? Secondo alcuni educatori e molti ricercatori, scrivere attaccando una lettera all’altra, il cosiddetto “corsivo”, che è stato per secoli parte dell’istruzione scolastica di ogni Paese in cui si usa l’alfabeto latino, potrebbe avere conseguenze nefaste per la capacità di apprendimento, di studio e di sviluppo delle future generazioni.
A dimostrarlo sarebbe una ricerca svolta negli Stati Uniti e riportata quotidiano britannico “Sunday Telegraph”, che conferma i dati raccolti nel Regno Unito. Secondo Suzanne Tiburtius, portavoce della National Handwriting Association, “alcuni insegnanti sostengono che il corsivo non è più necessario perché fra non molto tutti scriveranno di tutto al computer”. Il problema è che spesso la scrittura su tablet o l’uso dello stampatello sono troppo lenti e non consentono all’allievo di trascrivere durante le lezioni quanto necessario per il successivo apprendimento. “Scrivere dovrebbe essere insegnato in modo che diventi un automatismo, una cosa che si fa naturalmente e rapidamente. Se un ragazzo scrive lentamente, come per forza succede quando si scrive in stampatello, questo può ridurre la sua capacità di studiare e di prendere buoni voti, perché non fa in tempo a trascrivere tutte le informazioni che riceve”. Non è un caso se qualche anno fa proprio il governo britannico ha dovuto ammettere che solo il 59 per cento dei ragazzi e il 75 per cento delle ragazze di undici anni avevano una calligrafia al livello previsto per la loro età.
I risultati dei ricercatori inglesi sono stati confermati anche da altri studi. Come quelli condotti da Manfred Spitzer, psicologo tedesco e specialista del cervello, che in suo libro “Demenza digitale” sostiene che l’uso della tecnologia può avere effetti negativi sull’ippocampo, portando alla perdita della memoria, alla riduzione delle capacità spazio-temporali e, alla lunga, anche a una maggiore probabilità di sviluppare la demenza di Alzheimer. Conseguenza di questa pratica (anzi di questa “non pratica”) sarebbero l’atrofizzazione della memoria numerica (nessuno ricorda più i numeri di telefono, perché sono tutti nella memoria del cellulare) e la perdita del senso di orientamento (senza navigatore ormai ci si smarrisce).
Anche alcuni ricercatori italiani hanno confermato questi risultati. “Perdere la capacità di scrittura manuale sembra avere dei risvolti negativi sulla qualità del pensiero” ha detto il professor Bernardo Vertecchi, ordinario di Pedagogia dell’Università Roma Tre: quando si scrive con la tastiera c’è più distacco tra la persona e il testo. Viceversa scrivere a mano metterebbe in moto qualcosa nel nostro cervello e non solo migliorerebbe la padronanza della lingua, ma ne sarebbero influenzate perfino le capacità matematiche. Per dimostrarlo Vertecchi ha avviato un progetto, intitolato Nulla dies sine linea (neanche un giorno senza tracciare una linea), per analizzare l’evoluzione delle capacità di alcune centinaia di bambini.
Senza contare che l’uso eccessivo di tablet e computer ha già mostrato di avere gravi conseguenze sui giovani. Secondo rivelazioni effettuate dal FOMceO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri), pare che anche in Occidente si stia diffondendo la cosiddetta sindrome di Hikikomori, ovvero la dipendenza degli adolescenti dal web. E tra i soggetti più a rischio ci sarebbero i bambini, bisognosi di apprendere sin dai primi anni di vita le modalità di comportamento dal rapporto con gli adulti, ma troppo spesso abbandonati a modelli cibernetici. Con conseguente sviluppo di disagi nella socialità e nell’apprendimento (il web propone un accesso multitasking, cioè un apprendimento segmentale piuttosto che sequenziale). In altre parole, tra giovani di oggi solo pochi non sanno usare uno smartphone o un tablet, ma stranamente una percentuale elevatissima di loro è “analfabeta funzionale” A confermarlo sono i dati Ocse del rapporto “Skills outlook 2013”. In Italia, secondo i dati del PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), il 47% degli italiani è analfabeta funzionale (il Bel Paese è all’ultimo posto tra i Paesi analizzati).
Risultati sui bambini in età pre-scolare che erano già stati messi in luce poco più di anno fa. Uno studio condotto nel Regno Unito ha dimostrato, infatti, che la dimestichezza nell’uso di computer e apparecchiature informatiche non solo non porta alcun vantaggio, ma in alcuni casi può addirittura inficiare la manualità, complicando così anche i gesti più banali. Secondo la scrittrice Sue Palmer, le difficoltà che hanno i bambini moderni a immergersi nella vita reale possono avere nefaste ripercussioni tanto sulla loro motricità (ovvero, tenere in mano una penna e sapere come utilizzarla in maniera corretta) quanto sulla stessa capacità di apprendimento, “rendendo più difficile per alcuni di loro imparare a leggere e a scrivere”. Senza dimenticare che, l’eccesso di tecnologia porta inevitabilmente alla sedentarietà che spesso ha anche altre conseguenze sulla salute (non a caso la percentuale di bambini obesi nei Paesi occidentali è in aumento).
Ma la decisione della Finlandia di fare a meno di carta e penna ha sollevato molte polemiche anche da un altro punto di vista: non tutte le famiglie finlandesi, infatti, possono permettersi l’acquisto di strumenti tecnologici come computer o tablet e alcune famiglie non utilizzano ancora i computer in casa e non sono, quindi, pronte a questa innovazione. Per tutti i bambini è facile trovare un foglio di carta e una penna o una matita con cui scrivere. Un computer, invece, o un tablet, o uno smartphone, costano.
E anche ammettendo la funzionalità del sistema educativo del programma finlandese ciò non potrà durare oltre il periodo scolastico. Cosa succederà quando i bambini di oggi saranno adulti e non magari non avranno i soldi per comprare computer e tablet?
Ma anche dal punto di vista tecnico i dubbi non sono pochi: e se mancasse la corrente elettrica? O se le batterie del tablet si scaricassero proprio nel bel mezzo di una lezione e non ci fosse modo per ricaricarle?
Forse insegnare ai bambini l’arte dello “Shodo”, come si fa in Giappone, è eccessivo (del resto fino a non molti decenni fa a scuola si imparava “calligrafia”), ma d’altro canto sarebbe meglio ponderare bene i rischi e le conseguenze che un modernismo sfrenato potrebbe avere su intere generazioni.