Giappone. Diplomazia e politica a caccia di terre rare in Africa

di Giuseppe De Santis

Se è risaputo che la Cina vuole mettere le mani sui minerali critici per la transizione energetica, ciò che è meno noto è che anche il Giappone sta cercando di ottenere forniture di terre rare, e non a caso i politici giapponesi si sono attivati per cercare accordi coi paesi africani.
Lo scorso mese il ministro dell’Economia e dell’Industria giapponese Nishimura Yasutoshi si è recato in Zambia, paese che non ha aperto ai cinesi, dove ha concluso accordi che prevedono l’impiego delle tecnologie più avanzate per scoprire depositi di rame, nickel e cobalto, minerali la cui domanda è destinata a crescere perché necessari per la transizione ecologica.
Lo Zambia però non è l’unico paese visitato da Yasutoshi: da lì si è spostato in Namibia e Repubblica Democratica del Congo dove ha concluso accordi simili, mentre con Angola e Mozambico dovrebbe siglare intese solo nei prossimi mesi.
L’attivismo del Giappone in Africa ha anche motivi geopolitici, cioè impedire alla Cina di ottenere il controllo totale nel Continente nero nel settore dell’estrazione e nel commercio di tali minerali.
Al fine di raggiungere questi accordi il governo giapponese non solo fornisce aiuti economici, ma vuole anche costruire infrastrutture seguendo lo stesso percorso della Cina, che da tempo si impegna a portare avanti progetti infrastrutturali in cambio di forniture di materie prime.
Questo sistema ha funzionato per anni, ma adesso diversi paesi africani stanno cercando alternative alla Cina, e il Giappone punta ad essere questa alternativa.