Giappone. Sguardo semiserio sulle sue sfide

di Francesco Giappichini

Pochi Paesi come il Giappone affascinano i cultori della geopolitica. Il Paese del Sol levante, solo per fare un esempio, ha di recente stretto vari accordi e intese, al fine di contrastare le pretese di Cina, Russia, e Corea del Nord. Si pensi al Dialogo quadrilaterale di sicurezza (Quadrilateral security dialogue – Qsd o Quad) stretto con Australia, India e Stati Uniti; oppure all’alleanza trilaterale con Stati Uniti e Corea del Sud, che Pechino ha definito una “mini Nato” in Asia. E perché no, segnaliamo pure il progetto, denominato Global combat air programme (Gcap), l’ex Tempest, che lega Tokyo a Italia e Regno Unito, per la costruzione di un cacciabombardiere di sesta generazione: tecnicamente, il tutto è definito dal trattato che istituisce il Gigo (Gcap international government organization), una vera e propria organizzazione internazionale.
E non è tutto qui. Ormai da decenni gli appassionati di politica estera cercano di comprendere la natura della balena bianca nipponica, ovvero il Partito liberal democratico: il conservatore Jiyū-Minshutō (Jimintō) rimane saldo al potere nonostante le tante turbolenze che lo scuotono, e la divisione in correnti contrapposte. In questi ultimi mesi è sotto l’occhio del ciclone la corrente più conservatrice, quella che si rifà all’ex presidente Shinzō Abe, assassinato nel luglio 2022. Tuttavia anche il gruppo di potere del premier Fumio Kishida non è esente da scandali. E poi desta una certa morbosa curiosità anche il lento declino economico e demografico della Nazione asiatica, che di recente ha lasciato alla Germania la prestigiosa qualifica di terza potenza economica mondiale.
Mentre cresce il fenomeno degli johatsu (evaporati), ossia di coloro che scompaiono volontariamente, in seguito a qualche fallimento economico o esistenziale. Per saperne di più sul Paese asiatico, abbiamo sentito il giornalista, scrittore e fotocronista bolognese, Pietro Scozzari, uno dei reporter (e narratori) di viaggio più brillanti del panorama nazionale. Il nostro connazionale risiede ormai da diversi anni dalle parti delle isole Okinawa, in Giappone, e all’affascinante arcipelago delle Ryūkyū ha dedicato un blog e soprattutto due pubblicazioni: l’antologia “Un italiano a Okinawa – Sei anni di puttanate al tropico giapponese” e il libro fotografico “Okinawa – Inseguendo l’istante”.
È autore di numerose guide turistiche, tra cui spicca “Cuba”, scritta per l’editrice Giunti a quattro mani col noto ispanista Danilo Manera, e soprattutto di tanti libri di narrativa di viaggio. Se forse il suo cavallo di battaglia resta “Tropico Banana. Italianos da Cuba al Brasile” per Feltrinelli traveller, ci piace segnalare la sua ultima fatica letteraria “Cuore pazzo. Sistole in movimento”. Si tratta di una serie di racconti, tutti incentrati, per dirla con l’autore, «sulla capacità quasi patologica del protagonista di innamorarsi al primo battito di ciglia femminili».

– Ci descrive i libri che ha dedicato a Okinawa? “Un italiano a Okinawa” nasce da un blog, mentre “Okinawa – Inseguendo l’istante” raccoglie «sette anni sudati di fotografia».
“Un italiano a Okinawa” è un’antologia dei migliori-peggiori deliri, da alieno in terra nipponica, durante i miei primi sei anni di vita da immigrato per caso. Io e loro, dove loro sono anche miei compatrioti, ognuno con le proprie follie. Il libro fotografico, invece, è l’unico figlio che ho avuto e che voglio. I primi sette anni a Okinawa li ho passati a piedi o in bicicletta a fotografare tutto, in particolare le persone. Il libro è stato un parto molto sudato (uno stampatore indigeno voleva derubarmi, sono scappato a stampare nella mia amata Bologna, là non sanno fare solo i tortellini). Pubblicato il libro mi sono prepensionato. Ho comprato un motorino e la bici è morta di ruggine in garage“.

– A cosa imputa la resilienza del Partito liberal democratico, che conserva il potere nonostante tutto? Né le difficoltà economiche, né lo scandalo dei finanziamenti illeciti, né i legami con la setta del reverendo Sun Myung Moon, riescono a scalfirlo.
Stavo per saltare la domanda, il termine resilienza da tempo mi sviluppa diverse dermatiti (ma mai quanto sinergie). Il nippo-partitone al potere da sempre e per sempre è come la nostra vecchia, cara Democrazia Cristiana: dà sicurezza ai topi d’ufficio, alle maestrine. Mia nonna votava Dc, se fosse stata nippo-nonna avrebbe votato l’orribile Partito liberal democratico. La differenza con i democristiani è che i liberaldemocratici giapponesi non devono andare in chiesa: qui quasi non esistono“.

– Cosa temono di più i giapponesi? L’espansionismo cinese, l’imperialismo russo, le provocazioni nordcoreane? O il rischio che rappresentano le basi statunitensi?
Un mix del primo menù, direi. Solo una minoranza è contro le basi a stelle e strisce. Troppi sembrano aver dimenticato le bombe atomiche. Il passato è passato, nuove tensioni a distanza ravvicinata mantengono alta la tensione dell’opinione pubblica, soprattutto di quella Tv-dipendente. Diverse persone vedono gli americani come il male minore o, chi sogna gli States, come i loro migliori amici. Società divisa, quella giapponese: mi ricorda l’Italia“.

– Negli ultimi mesi, la contrazione economica si è trasformata in recessione tecnica, e c’è chi punta il dito sulla tassazione eccessiva, lo yen debole, la risalita dell’inflazione. Questo scenario ha effetti concreti sulla quotidianità dei cittadini?
Molto concreti. Il barbiere che per dieci anni mi chiedeva appena 500 yen per un taglio da tosaerba ora ne vuole 1000. Ma continuo a frequentarlo. L’unica cosa che non è aumentata è il mio stipendiuzzo di maestrino d’inglese. I locali chiudono e aprono con velocità impressionante. La tassazione sui beni di consumo è passata dal 5% – stabile, per anni – all’otto e poi al dieci. In Italia sono numeri che fanno ridere, ma qui hanno avuto un forte impatto. Per inciso, uno zucchino qui costa come un chilo da voi. Non ne ricordo più il sapore“.

– È turbato da una società tanto competitiva? Dallo stigma che colpisce ogni fallimento, non solo lavorativo, dalla vergogna che soffre chi delude certe aspettative?
Io sono intimamente zero turbato. Nato e cresciuto free-lance, conosco solo la competizione. Il problema qui è che la scuola educa le persone a essere ingranaggi da ufficio, a non discutere mai nulla (l’esatto opposto rispetto all’Italia), il capo non si contesta mai, anche se è un ubriacone dichiarato. In realtà, però, il Giappone è un Paese che garantisce un lavoro a tutti, anche se inutile o poco pagato. Chi dorme sul marciapiede lo fa per scelta o per crollo mentale. Credo che la competizione sia più forte in molti altri luoghi del pianeta, soprattutto fra poveri: qui c’è sempre un cuscino su cui cadere, se le cose vanno male. Però io non faccio testo: vivo da venusiano su Marte, lungi da me l’incubo di giapponesizzarmi e giocare all’indigeno. L’unica competizione che davvero sento attorno a me è quella contro il passare del tempo“.