Giappone. Tokio protesta con Pechino per un’altra boa oceanografica vicino alle isole Senkaku

di Alberto Galvi

Il governo giapponese ha protestato con quello cinese per l’installazione di un’altra boa oceanografica nelle acque delle isole contese Senkaku, conosciute in Cina come isole Diaoyu. La disputa sulle isole Senkaku è rimasta per lo più di basso livello fino agli anni ’70, quando si pensò che in quelle acque potessero esserci grandi giacimenti di gas e di petrolio. La catena disabitata di isole e scogli è controllata dal Giappone dal 1895, ma è rivendicata anche da Taiwan.
Il Giappone ha intimato a Pechino di rimuoverla in quanto sarebbe stata individuata all’interno della sua ZEE (Zona Economica Esclusiva). Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, una ZEE può estendersi fino a 200 miglia nautiche. Le isole Diaoyu si trovano a circa 190 miglia nautiche a sud-ovest di Okinawa.
Una motovedetta della Guardia costiera giapponese ha trovato una boa gialla l’11 luglio a circa 80 chilometri a nord-ovest dell’isola Uotsuri delle Senkaku, a 500 metri dal lato giapponese dalla linea mediana tra le zone economiche esclusive dei due paesi. L’oggetto galleggiante aveva una scritta cinese, che indicava che si trattava di una boa per l’osservazione oceanografica. Si ritiene che sia stata ancorata al fondale marino con dei pesi.
La Cina ha posizionato una boa nella stessa area della ZEE del Giappone nel 2018. Il ministero della Difesa giapponese nel frattempo ha accusato la Cina di intrusioni intorno alle isole. Tra aprile e agosto 2020 sono state rilevate navi della guardia costiera cinese per 111 giorni consecutivi, per un totale di 333 giorni nell’intero anno.
Si ritiene che la Cina utilizzi tali boe per raccogliere dati, comprese l’altezza delle onde e le correnti, per il funzionamento delle sue navi della guardia costiera nel tentativo di controllare efficacemente le acque intorno alle isole Senkaku.