Giornata dell’amianto. Che si continua a comprare e a vendere, anche in Italia

di C.Alessandro Mauceri –

amiantoSi è celebrata lo scorso 28 aprile la Giornata mondiale dedicata alle vittime dell’amianto.
Da decenni ormai non esistono più dubbi sulle conseguenze e sugli “effetti collaterali” legati all’utilizzo e alla lavorazione di manufatti soprattutto per l’edilizia e per l’industria: l’amianto è una sostanza cancerogena. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono 107mila le persone che ogni anno perdono la vita per cause relative all’amianto. E la metà di loro vive in Europa. “Nei periodi 1920-1970 e 1971-2000 l’Europa ha usato il 48% e il 58% di tutto l’amianto commerciato nel mondo. Per questo può essere caratterizzata come il centro globale dell’uso nella storia e come l’epicentro attuale di tutte le malattie relative all’amianto”. Sempre secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono almeno 125 milioni i lavoratori esposti al rischio amianto. In Italia, tra il 1993 e il 2008, si sono stati registrati 15.845 casi di mesotelioma maligno e i morti sono stati oltre 4mila.
È per questo motivo che in molti paesi l’utilizzo e il commercio internazionale dell’amianto sono vietati. Come in Italia, dove l’uso dell’amianto è proibito dalla legge n. 257/92. Lo stesso è avvenuto in molte altre nazioni del mondo (ad oggi sono poco più di una cinquantina i paesi che hanno adottato misure simili a quella italiana). E molti accordi internazionali vietano o limitano l’uso e il commercio di manufatti in amianto. Leggi e accordi internazionali che spesso, però, vengono violati.
Ogni anno in tutto il pianeta vengono lavorate oltre due milioni di tonnellate di amianto. Tra i maggiori Paesi produttori ci sono la Russia (1 milione di tonnellate prodotte nel 2010), la Cina (400mila), l’India e il Brasile. Tra i maggiori utilizzatori ancora la Cina (oltre 613mila tonnellate), e poi l’India (426mila) e la Russia (263mila).
Aldilà delle conseguenze per la salute, l’amianto è e continua ad essere una merce di scambio ambita: uno dei maggiori esportatori di amianto, il Canada, qualche tempo fa è riuscito addirittura ad ottenere un rinvio dell’inclusione dell’asbesto e delle varie forme minerali di asbesto nella lista dei prodotti chimici “pericolosi” e dei “pesticidi”. E sempre il Canada è stato protagonista di un’accesa disputa con la Francia presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio, comtesa che, non a caso, ha visto dalla sua parte proprio l’India.
Tra i maggiori compratori di questo materiale altamente tossico, c’è anche l’Italia: nel report sulle esportazioni di minerali estratti in India (Indian Minerals Yearbook 2012, pubblicato nel 2014) l’Italia è citata come primo acquirente al mondo di asbesto indiano e in due anni le imprese italiane hanno importato 1040 tonnellate di fibre d’amianto dall’India. Lo stesso dicasi per gli scambi con gli Usa: secondo il rapporto “2013 Minerals Yearbook”, pubblicato dal Us Geological Surveys del governo statunitense, l’Italia sarebbe uno dei maggiori importatori di amianto dagli Stati Uniti. Eppure in Italia non è solo vietato utilizzare l’amianto, ma anche importarlo ed esportarlo.
Ogni anno, in barba alle norme internazionali che ne vietano il commercio, milioni di tonnellate di amianto vengono esportate in paesi in via di sviluppo (come il Messico o il Brasile), dove è forte la domanda di materiali da costruzione a basso costo.
Qui, la maggior parte dell’amianto viene utilizzato per le coperture in cemento ondulato, in tubi e serbatoi per l’acqua o per la costruzione di case. Tutti usi che comportano uno stretto contatto con le persone e che generano migliaia di morti.
Il prosperare di questo mercato è legato al basso costo dei prodotti che lo contengono rispetto ai prodotti alternativi. Ma anche a campagne di marketing irresponsabili che promuovono l’“uso controllato di amianto”. Ad esempio, sia negli Stati Uniti che in Cina non c’è alcun divieto assoluto: vigono solo limitazioni particolari.
Un “uso controllato”, che, secondo i ricercatori, avrà conseguenze terrificanti per la salute: in India entro il 2020, i morti per malattie legate all’amianto potrebbero raggiungere il milione di casi.
Numeri mostruosi e, soprattutto, in crescita: secondo l’epidemiologo Valerio Gennaro, si continuerà a morire “di amianto” almeno fino al 2040 e il picco (inteso come numero di morti) deve ancora essere raggiunto. Tesi confermata dalle stime dell’Oms che prevedono un picco dei decessi per malattie legate all’amianto tra il 2015 e il 2020. In base a questi dati, nei prossimi vent’anni in tutto il mondo ci saranno più 10 milioni di vittime dell’amianto.
E questo in barba alle celebrazioni, sia in Italia che all’estero, per “Giornata mondiale dedicata alle vittime dell’amianto”.
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