I dati del Trasparency International: c’è ancora molto da fare nella lotta alla corruzione

di C. Alessandro Mauceri –

Pubblicati da Trasparency International i dati del CPI, il Corruption Perceptions Index 2021, l’indice della corruzione in 180 paesi del mondo lo scorso anno. I ricercatori hanno concentrato la propria attenzione sui livelli percepiti di corruzione del settore pubblico e inserito i risultati in una scala da 0 (altamente corrotto) a 100 (molto onesto). Il risultato generale mostra una situazione di stallo, ma non sono mancate alcune sorprese, tra cui al vertice della classifica i paesi dell’Europa occidentale e dell’Unione Europea. Al contrario in alcune aree dell’Asia, nelle Americhe, nell’Europa orientale e nell’Asia centrale, le restrizioni dovute alla pandemia hanno consentito alla corruzione di non sottostare a controlli. In Medio Oriente e Nord Africa gli interessi di pochi potenti continuano a dominare la sfera politica e privata, e le limitazioni poste alle libertà civili e politiche stanno bloccando qualsiasi progresso significativo. Nell’Africa sub-sahariana i conflitti armati, le violente transizioni di potere e le crescenti minacce terroristiche combinate con la scarsa applicazione degli impegni anti-corruzione privano i cittadini dei loro diritti e servizi fondamentali.
Nonostante se ne parli da anni (molti paesi hanno preso specifici impegni per porre fine alla corruzione), dai dati rilevati appare che ben 131 paesi su 180 non hanno compiuto progressi significativi contro la corruzione nell’ultimo decennio. Due terzi dei paesi ottengono un punteggio inferiore a 50, indicando che hanno gravi problemi di corruzione, mentre 27 paesi sono al loro punteggio più basso di sempre. Il risultato è che nel 2021, la media globale è rimasta praticamente invariata per il decimo anno consecutivo, ferma su “soli” 43 punti su 100. 
Nell’ultimo periodo a peggiorare la situazione è stata anche la pandemia di COVID-19: spesso è stata utilizzata come scusa per limitare le libertà fondamentali ed eludere i controlli.
Ai vertici della classifica si trovano molti paesi scandinavi: Danimarca e Finlandia sono a pari merito al primo posto con la Nuova Zelanda, seguiti da Norvegia e Svezia a pari merito. Prima sorpresa: Singapore. Tra i paesi al vertice della classifica, mostrano un peggioramento la Svizzera, il Canada, l’Austria, il Giappone e l’Islanda. Altra sorpresa l’Uruguay, che si pone addirittura sopra paesi come la Francia (ma), o gli USA (stabili al 27mo posto a pari merito con il Cile). Tra i paesi europei che hanno visto peggiorare la propria performance anche la Slovenia (41ma) e la Spagna (34ma).
Per trovare l’Italia bisogna scendere fino al 42mo posto (17ma su 27 paesi Ue), ma con un leggero miglioramento rispetto allo scorso anno. Secondo gli autori dello studio, gli appalti pubblici continuano a essere uno dei veicoli più comuni per la corruzione in tutta l’Unione europea (UE) e nel mondo. Questo vale anche per l’Italia. Di volta in volta vengono alla luce casi scandalosi che mostrano come il denaro pubblico vada a individui e aziende collegati. I grandi progetti infrastrutturali tendono a richiedere investimenti finanziari significativi e sono inclini alla corruzione.
Nel nostro paese Transparency International Italia ha notato che sul fronte anticorruzione e trasparenza rimangono problemi in sospeso. Per Giovanni Colombo, direttore di Transparency International Italia, “Tra le questioni più rilevanti vi è il ritardo nella trasposizione della Direttiva europea 2019/1937 sul tema del whistleblowing, i cui termini sono scaduti a dicembre 2021, che consentirebbe di completare la disciplina contenuta nella legge 179/2017. Siamo inoltre ancora in attesa della pubblicazione del registro dei titolari effettivi e ci auguriamo che il processo legislativo per la regolamentazione del lobbying sia portato a termine nel migliore dei modi”.  
“La credibilità internazionale dell’Italia si è rafforzata in quest’ultimo anno anche per effetto degli sforzi di numerosi stakeholder del settore privato e della società civile nel promuovere i valori della trasparenza, dell’anticorruzione e dell’integrità. L’emergenza generata dalla pandemia ha fortemente influenzato l’elaborazione del CPI, dal momento che in alcuni casi ha generato una minor fiducia nei Paesi che hanno preferito rimuovere le garanzie di controllo, in altri ha determinato un rafforzamento della coscienza collettiva e risposte più solide da parte dei governi”, ha dichiarato Iole Anna Savini presidente di Transparency International Italia.  
Tra i paesi Ue peggio dell’Italia hanno fatto Cipro (52ma anche per colpa dello scandalo dei “passaporti d’oro”) e la Grecia: solo 58ma. Segno che le misure imposte da BCE, CE e FMI in questi due paesi per il risanamento dei conti pubblici non hanno contribuito a risolvere il problema. Anzi, per entrambi la situazione è peggiorata rispetto all’anno precedente. Ancora più in basso nella classifica la Romania (66ma) e l’Ungheria, sorprendentemente al 73mo posto a pari merito di paesi come il Senegal o il Ghana.
In realtà in tutti i paesi europei la situazione appare tutt’altro che rosea. Il Regno Unito ha incassato solo 78 punti in quanto il governo è stato coinvolto negli scandali sleaze; la Germania, che pure ha ottenuto 80 punti, è stata coinvolta negli scandali sulle mascherine facciali che hanno corrotti diversi parlamentari; nei Paesi Bassi (82 punti) la Corte dei Conti ha addirittura presentato una denuncia formale contro il ministero della Salute del Benessere e dello Sport per irregolarità superiori al 3% sulle spese, denuncia ritirata solo dopo l’impegno a rivedere le voci di spesa.
In coda alla classifica, ma forse è solo una coincidenza, Libia (172ma su 180 paesi), Afghanistan (174mo a pari merito con lo Yemen) e Siria, fanalino di coda al 178mo posto con solo 13 punti su 100, ultima se non fosse per il Sud Sudan. Tutti paesi, compreso il Sud Sudan, accomunati dal fatto di essere oggetto di guerre per la democrazia e i diritti civili che vanno avanti ormai da anni.