di C. Alessandro Mauceri –
Nei giorni scorsi Brian Cashman, general manager dei New York Yankees, il direttore commerciale del New York City Football Club, Tim Pernetti, e altri 750 personaggi di tutti i settori (sport, spettacolo e business) hanno fatto sapere che per una notte dormiranno per le strade di New York City. Un’iniziativa per richiamare l’attenzione della gente sul problema degli “sleep out”, i senzatetto. Anzi per essere più precisi dei giovani senza tetto.
Il problema dei bambini poveri costretti a vivere per strada non è nuovo (Notizie Geopolitiche ne parlò nel 2011). Il fatto è che, al di la di poche discussioni accademiche e delle iniziative mediatiche come quella che avrà luogo a New York nei prossimi giorni, il problema persiste e, anzi, pare che la situazione stia peggiorando.
Il National Center on Family Homelessness ha lanciato l’allarme: un bambino su trenta è senzatetto. E questo non in qualche sperduto paese africano, ma nei civilissimi Stati Uniti d’America. Secondo i risultati dello studio dal titolo ‘America’s Youngest Outcasts’, nel 2013, due milioni e mezzo di bambini americani non ha una casa. Solo nell’ultimo anno la povertà infantile è cresciuta dell’8%.
E la situazione non è migliore in altri Paesi “civili” del mondo. Qualche mese fa, un servizio choc della BBC ha mostrato quella che ormai non è più un problema, ma una realtà consolidata: in tutta la Gran Bretagna sarebbero più di centomila i ragazzini che vivono per strada, senza documenti, costretti all’elemosina o alla prostituzione. E la situazione non è migliore a Parigi dove, secondo i dati ufficiali, i senzatetto sono aumentati del 50% rispetto al 2001. Per la capitale francese oggi vagano senza fissa dimora non meno di 141.500 persone e di questi almeno 30.000 sono bambini.
In tutta la Francia i “mal-logés” (anche qui un termine che dovrebbe far apparire meno grave la situazione) sarebbero 3,6 milioni.
La Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha recentemente stilato una classifica delle città al mondo con più senzatetto. Se è normale (ammesso che possa essere considerato “normale” questo problema) trovare città come Manila, nelle Filippine, al primo posto, Mosca (al quarto), Città del Messico, Jacarta e Mumbai (rispettivamente al quinto, al sesto e al settimo posto), dovrebbe sorprendere trovare New York e Los Angeles, il paradiso californiano, palcoscenico di decine e decine di film e telefilm americani, rispettivamente al secondo e al terzo posto. Quelli che le televisioni presentano come dei paradisi in realtà per centinaia di migliaia di bambini sono un inferno in cui anche solo sopravvivere è difficile. E non sono queste le uniche grandi città americane a comparire in questa graduatoria: all’undicesimo posto c’è San Francisco, seguita da Seattle, da San Diego (al quattordicesimo posto), e poi Tampa, in Florida, Chicago, Washington e Baltimora.
E l’Italia? Anche il Bel Paese compare in questa lista: Roma occupa la sedicesima posizione. Nonostante si sia pensato di dare un nome ammorbidente ai senzatetto: clochard.
“Clochard”, “sleep out”, “mal-logés”: nomi che pare vogliano nascondere la realtà dei senzatetto. La verità, però, e che i senzatetto sono la prova tangibile e viva del fallimento di un certo sistema di gestire la società, un sistema basato solo sul denaro e sui beni di consumo.
Un sistema che non ha in nessuna considerazione i diritti umani, neanche quando sono quelli di un bambino. Anzi, di milioni di bambini.