Il mercante porta le armi dei libici ai ribelli siriani. E le vende a prezzi da discount…

di Enrico Oliari –

miliziani libici grandeL’Agenzia Reuters ha riportato di un mercante di morte libico, tal Abdul Basit Haroun, fuggito dalla Libia in Gran Bretagna oltre vent’anni fa, artefice di una piccola fortuna a Manchester e rientrato in Libia nel 2011 per prendere parte alla rivoluzione che ha deposto Muammar Gheddafi.
Haroun in Libia ha finanziato una vera e propria milizia che poi ha messo al servizio del governo, ma oggi si è dato al commercio delle armi e spedisce in Siria, ai ribelli, mitragliatori e lanciamissili di ogni ordine e grado, che nel paese africano abbondano più del petrolio.
“Sanno che stiamo inviando armi alla Siria”, ha raccontato Haroun al giornalista della Reuters, “lo sanno tutti”. E difatti raccoglie le armi come se cogliesse fiori, le stocca in casse e le carica sulle navi o sugli aerei charter diretti in Turchia o in Giordania, per quella che lui considera una missione: aiutare il popolo siriano a liberarsi del proprio dittatore. Ed il suo commercio ha assunto una dimensione sì rilevante, che è inimmaginabile possa essere realizzato senza il favore o la complicità delle autorità governative o, vista la semi-istituzionalizzazione, delle milizie.
Quello di Haroun più che un commercio è diventato un discount, tant’è che ha dichiarato al giornalista della Reuters che “stiamo prendendo le armi per strada. La missione è così popolare che otteniamo il cinquanta per cento di sconto sulle armi”. Si tratta di “souvenir” della guerra che ogni buona famiglia libica ha nel proprio salotto o nelle proprie cantine, oggetti un po’ ingombranti, ora che la “Primavera araba” è passata.
In fin dei conti Haroun fa del bene alla collettività: porta soldi alle famiglie libiche, con Gheddafi abituate fin troppo a ricevere senza lavorare, e soprattutto contribuisce a levare armi dalla circolazione, vera piaga sociale della Libia.
Il figlio di Haroun, che orgogliosamente cresce seguendo le orme del padre, parla di prezzi: un mitra tipo C5 costa solo 25 dollari, ben meno di quelli che troviamo nei negozi per i giocattoli. Un lanciagranate 120 dollari… un affare, se si pensa che il prezzo di mercato si aggira sui 4mila dollari.
Poco tempo fa l’immancabile Qatar aveva dichiarato di aver impegnato tre miliardi di dollari per “aiutare” i ribelli siriani (ovvero per fare della Siria una propria zona di influenza), arrivando ad offrire 150 dollari al mese per ogni siriano e straniero che è disposto ad imbracciare un fucile contro l’esercito di al-Assad… in Siria la vita e gli strumenti per toglierla hanno prezzi a dir poco concorrenziali.
Haroun ha continuato il suo racconto alla Reuters sostenendo (per chi ci crede) di vendere armi solo all’Esercito libero ed è così convinto della bonarietà della sua missione, che si muove con una pletora di giornalisti al seguito, i quali addirittura lo hanno accompagnato nei suoi viaggi per assicurarsi della corretta consegna della merce inviata.
Il mercante di armi ha continuato il suo racconto alla Reuters descrivendo la prima intercettazione e il conseguente sequestro di armi nelle acque del Libano, di come da allora le armi viaggiano o sui aerei, o nelle stive delle navi, nascoste fra gli aiuti umanitari destinati a chi soffre.
Tuttavia tanta facilità nel muovere armi fa pensare anche ad un altro problema, ben più vicino a noi di quello che può essere la Siria di al-Assad: il Mediterraneo, si sa, è un crocevia di traffici da sempre, uno spazio dove di Abdul Basit Haroun ce ne sono molti. Si tratta di  gente che quando si tratta di vendere, non bada in faccia all’acquirente e così armi libiche a basso costo potrebbero arrivare in mano alla malavita italiana. Per questo è necessario, dannatamente necessario, stabilizzare la Libia del post-Gheddafi e, come il G8 ha chiesto all’Italia, di cui la Libia è paese di influenza, provvedere a raccogliere le armi, le tanti armi che le famiglie libiche hanno come souvenir nei loro salotti.