Il “pacchetto” di May piace ai Ventisette. Perché è una Brexit di nome e non di fatto

Ed ora c'è il nodo Gibilterra.

di Guido Keller

Nonostante le defezioni di alcuni ministri e le gravi tensioni nella sua stessa maggioranza, la premier britannica Theresa May tira dritto per la sua strada anche grazie al via libera ottenuto ieri dai 27 ministri delle politiche europee all suo “pacchetto” e punta alla realizzazione del suo piano per un divorzio consensuale e felice da Bruxelles. Sempre che di divorzio si tratti, perché per superare lo scoglio del confine nord irlandese e per avere accesso ai mercati europei si è arrivati ad una Brexit di nome ma non di fatto, con la Gran Bretagna che resterà nell’unione doganale e quasi completamente nel mercato unico. Si tratta di una soluzione a tratti bizzarra, che farà felici i mercati ma che farà infuriare i britannici, sia quelli che continuano a volere di rimanere nell’Unione Europea, sia i sostenitori del “Leave” più o meno duri, poiché di fatto la Brexit non c’è.
D’altro canto quello del confine nord irlandese era un osso duro: da un lato la partecipazione dell’Irlanda e della Gran Bretagna al contesto unitario europeo ha sopito il conflitto dell’Ulster, dall’altro un confine “senza infrastrutture di frontiera fisiche né posti di frontiera” rappresenterebbe una valvola attraverso la quale passerebbero persone (già oggi 30mila al giorno) e merci senza controlli e quindi senza dazi… che senso avrebbe la Brexit nel momento in cui agli esportatori diretti da e all’Ue basterebbe recarsi in Irlanda per portare le merci in e dalla Gran Bretagna?
Tra l’altro viene posticipata la data di uscita definitiva della Gran Bretagna dall’Ue, che da marzo 2019 diventerà la fine del 2020, periodo durante il quale Londra sarà venuta a pagare i contributi previsti all’Unione Europea, tra i 10 e i 15 miliardi di sterline che si avranno ad aggiungere ai 39 già pattuiti.
Per il capo negoziatore dell’Ue, Michel Barnier, quello raggiunto ieri è stato un accordo “giusto ed equilibrato, poiché prende in considerazione le posizioni del Regno Unito ed in particolare abbiamo trovato un compromesso per evitare una frontiera fisica tra Irlanda e Irlanda del nord, ed entrambe le parti vogliono evitare l’utilizzo del backstop. Inoltre questo accordo ci permette un divorzio ordinato, che è la base per una partnership ambiziosa”. Ha poi espresso soddisfazione perché “oggi tutti i ministri hanno dato il loro sostegno a tutto il pacchetto”.
Nell’attesa dell’approvazione del “pacchetto”, prevista per il 25 novembre, May ha incassato gli applausi della Confindustria britannica, ma già al pettine sta arrivando un altro nodo, quello di Gibilterra. In teoria il pacchetto approvato ieri nella riunione informale dei Ventisette con May verrebbe a riguardare tutti i territori britannici che confinano con l’Ue, ma il ministro degli Esteri spagnolo Josep Borrel ha voluto precisare che “quanto negoziato tra Londra e Bruxelles non riguarda Gibilterra. Le trattative sul futuro di Gibilterra fanno parte di discussioni separate”. Borrel ha fatto sapere che ancora non si vuole arrivare alla minaccia del veto (ma così dicendo lo ha fatto), ed ha ricordato che già era stato stabilito che del caso Gibilterra se ne sarebbe parlato 21 mesi dopo la Brexit. Per Londra però il pacchetto di ieri riguarda anche il lembo di terra che la Spagna da sempre vorrebbe di ritorno, dopo che era stato ceduto nel 1713.