Il referendum in Polonia sui migranti: una minaccia per la “coalizione Ursula”

Un modo per rivincere le elezioni per il premier Morawiecki.

Lorenzo Pallavicini

Uno spettro si aggira tra i palazzi europei e può mettere, ancora una volta, i bastoni tra le ruote a chi vorrebbe che tutti gli stati membri UE condividano gli oneri del fenomeno della immigrazione dai paesi extraeuropei. E’ il referendum che si terrà in Polonia, in concomitanza con le elezioni legislative ad ottobre, una consultazione voluta dal primo ministro polacco Morawiecki, che punta a rafforzare i consensi attorno al suo governo, il quale ha dovuto fronteggiare più di tutti nella UE le conseguenze del conflitto russo ucraino.
Infatti la Polonia è il paese che più ha ospitato rifugiati ucraini dall’inizio del conflitto, ben 1,6 milioni per quasi il 35 % del totale complessivo, uno sforzo importante anche in termini economici che ha generato nella società polacca qualche malumore, soprattutto per il caso legato all’agricoltura e all’export dei cereali ucraini, con il governo di Varsavia che ha condotto una dura battaglia assieme all’Ungheria contro Kiev, la quale intende portare anche la questione al WTO.
Non per caso i toni tra Varsavia e Kiev si sono fatti assai pesanti negli ultimi tempi, proprio per evitare, da parte del governo in carica, di dare fiato ad una certa opposizione in Polonia, proveniente soprattutto dall’estrema destra e dal partito anti ucraino Confederazione, che sostengono il timore della “ucrainizzazione della società polacca” e dell’eccessivo sforzo economico per sostenere il governo Zelensky nella guerra contro i russi.
La battaglia contro la redistribuzione dei migranti è, quindi, un vecchio cavallo di battaglia di Varsavia da rispolverare per essere una della chiavi per vincere le elezioni.
I polacchi, assieme ad altri paesi come l’Ungheria, hanno da anni impedito ogni possibile vero accordo tra gli stati membri per riformare il trattato di Dublino sul diritto di asilo in Europa, che oggi penalizza fortemente i paesi di primo approdo come l’Italia, e la paventata redistribuzione dei migranti in tutti gli stati membri.
Il referendum per come è posto appare molto chiaro nel quesito e riguarda proprio il tipo di immigrazione maggiormente problematico per l’Unione Europea, ovvero quella proveniente dai paesi subsahariani e Medio Oriente. E’ assai probabile che la maggioranza dei polacchi confermi il diniego all’accoglienza di immigrazione extracomunitaria, conferendo così un mandato forte e popolare al governo in carica che, pur tra le difficoltà, ha il vantaggio che su questo argomento trova la maggioranza dei consensi all’interno della società polacca.
La questione migratoria sarà uno degli argomenti chiave della campagna elettorale per le elezioni europee e la consultazione popolare promossa dalla Polonia potrebbe trovare altre sponde all’interno della UE, specie negli stati orientali, alle prese anche essi con le difficoltà che comportano le implicazioni del conflitto russo ucraino nelle loro terre.
Il mandato von der Leyen non è stato efficace sia nel contrastare il traffico di esseri umani sia nell’ottenimento dai paesi subsahariani e del Maghreb di misure di accordo necessarie per i rimpatri degli irregolari e per il pattugliamento del Mediterraneo, lasciato alla iniziativa dei singoli stati europei come l’Italia che con l’accordo del 2017 voluto dall’allora ministro dell’Interno Minniti ha finanziato la guardia costiera libica con mezzi e formazione, non senza critiche da parte dei vertici europei per le difficili condizioni dei campi di raccolta libici.
Tale referendum è come ponesse un quesito non solo ai polacchi ma anche ai cittadini europei, molto sensibili alle difficoltà che la sfida migratoria pone, soprattutto con una congiuntura economica non favorevole, condizionata dalle dure politiche monetarie della BCE sui tassi di interesse che hanno portato all’aumento di difficoltà dell’accesso al credito e dei mutui e dai costi di diverse materie prime che risentono dei nuovi assetti determinatisi dall’inizio della guerra in Ucraina.
Nell’Europa Occidentale e dai vertici UE, il governo polacco è visto con sospetto proprio per il pensiero politico sulle migrazioni che ha posto ma è evidente di come Varsavia abbia il gusto della sfida e questo referendum sia un punto di base con cui portare a compimento un disegno che veda spostare l’asse della commissione europea verso un orientamento di indirizzo più conservatore e nazionalista, meno legato al problema dell’accoglienza o dell’inclusione e più pragmatico e rigido sul diritto di asilo e emigrazione.
Non è un caso che i governi francesi e tedeschi in carica, assai anti sovranisti, abbiano intrapreso una linea netta nei confronti dell’Italia e della redistribuzione dei migranti, proprio per ragioni elettorali ed impedire che i partiti locali anti immigrazione possano trarne vantaggio ed arrivare ad ottenere molti seggi alle europee, una minaccia anche per l’attuale cancelliere in carica Scholz, con sondaggi che darebbero il partito di destra tedesco Afd quasi al 20% dei consensi.
La sfida della Polonia verrà supportata nei rispettivi paesi da alcune forze nazionali come il Front National in Francia o l’Afd in Germania che, qualora ottenessero un forte risultato, potrebbero risultare decisivi per spostare l’asse europeo verso destra, viste le difficoltà che stanno avendo nel continente, a parte nella penisola iberica, la maggioranza delle forze di stampo socialista europeo, a partire dal Partito Democratico italiano, la cui visione sull’immigrazione è assai diversa dalla linea indicata dal governo polacco in carica.