Il ruggito del coniglio: all’Europa l’Ucraina e il Kosovo, e le loro economie dissestate. E a Putin la Crimea

di Enrico Oliari –

italia russia grandeAlla fine lasceranno fare. Dopo il nervosismo di prassi, verrà chiuso un occhio, forse anche due, sulla questione della Crimea. E Putin potrà avere il suo giocattolino, magari dopo aver trattato sottobanco qualche cospicuo rimborso con gli ex alleati di Kiev. D’altronde ce n’è per tutti: alla Russia la penisola sul Mar Nero, all’Europa, visto che ci tiene tanto, l’Ucraina e il Kosovo, che altrimenti sarebbe una regione della Serbia, super-alleata di Mosca: è questa l’impressione che si trae da come si stanno mettendo le cose dopo che la minaccia delle sanzioni alla Russia si sta sempre più dimostrando il ruggito del coniglio, quasi fosse un gesto dovuto davanti alla palese (per l’opinione pubblica) violazione delle regole qual è l’annessione della Crimea.
Di esempi se ne potrebbero fare a bizzeffe, basti pensare che solo ieri la roboante Germania tuonava in modo ancora più roboante che il proprio commercio delle armi con la Russia è “indifendibile” e che quindi verranno sospese le forniture militari a Mosca del colosso tedesco Rheinmetall. Ad annunciarlo il ministro dell’Economia Sigmar Gabriel, smentito poche ore dopo dal portavoce del gruppo, il quale ha dichiarato attraverso il “Neue Osnabrücker Zeitung” che la Rheinmetall “rispetterà i suoi impegni contrattuali con il partner russo”.
Minacce che cadono nel vuoto, quelle che arrivano da Occidente, dove gli unici interessati a bisticciare con i russi sembrano essere gli americani.
Qualcuno ha parlato di “nuova guerra fredda”… ma scorrendo i flash degli avvenimenti, da piazza Maidan ad oggi, ci si rende conto che più che al cospetto di una cortina di ferro, ci si trova davanti ad un palcoscenico di legno.
Puliti dalla retorica i dati sono evidenti: l’indebitatissima Ucraina, dall’economia al cui confronto quella greca è il forziere di Paperon de’ Paperoni, fa il diavolo a quattro per passare con l’Europa. E più pur di averla da Bruxelles si promettono miliardi su miliardi (soldi nostri), più Putin fa il gatto che tiene la zampa sulla coda del topo, perché in cambio vuole quella piccola ma strategicissima penisola, dove, tra l’altro, ha già una base della Marina.
A ben guardare gli unici a guadagnare dalle sanzioni sarebbero gli americani, che così si sostituirebbero agli interessi della Russia sul mercato europeo, mentre già il Consiglio dei ministri dell’Unione europea dello scorso 3 marzo aveva partorito una risoluzione che parlava di “future sanzioni mirate” da considerare “in assenza di una soluzione concordata”, politichese che tradotto vuol dire che ognuno fa come gli conviene… altro che sogno di una politica estera europea unica.
Per farla breve nel Vecchio continente tutti sono concordi nel condannare l’annessione della Crimea alla Russia, meno gli imprenditori che in Russia investono, meno i commercianti che in Russia commerciano, meno i finanzieri che in Russia fanno girare i soldi… meno gli imprenditori che fanno affari in Europa grazie ai russi, meno quelli vedono piovere rubli rubli, che si tratti di turismo, di moda o di Expo.
Il 26 novembre scorso Vladimir Putin e 11 ministri del suo governo erano a Trieste per incontrarsi con l’allora premier Enrico Letta e 11 ministri del suo governo: fra intese accordi e trattati sono stati siglati 30 documenti, un giro d’affari miliardario, una boccata d’ossigeno per un’Italia che fa i salti mortali per uscire dalla crisi. Difficile credere che, al di là dei proclami ufficiali, l’Italia chiuda le porte alla Russia per aprirle all’Ucraina.
La Crimea è quindi il soldo che viene pagato per sistemare le cose: Putin ha già detto, intervenendo alle Camere congiunte, che “noi vogliamo un’Ucraina forte, stabile, pacifica, non vogliamo la sua scissione né ci servono altri territori”.
Oggi il Segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, nel discorso tenuto a Washington, ha detto che “La nostra principale preoccupazione in questo momento è sapere se il presidente russo andrà oltre la Crimea, se la Russia interverrà nelle regioni orientali dell’Ucraina”. Ma lo ha detto a Washington, non a Bruxelles.