Iran. Premio Nobel all’attivista per i diritti delle donne Narges Mohammadi

di Shorsh Surme

Negli ultimi tre mesi più di 500 iraniani sono stati uccisi e circa 20mila arrestati, dopo la morte in carcere della 22enne Mahsa Amini: era stata arrestata per aver violato il rigido codice di abbigliamento mostrando troppi capelli sotto la sua hijab. “Il motto adottato dai manifestanti ‘Donna, vita, libertà’ esprime adeguatamente la dedizione e il lavoro di Narges Mohammadi”, ha spiegato il Comitato che ha assegnato il premio Nobel per la Pace alla vice presidente del Centro per la difesa dei Diritti Umani, imprigionata dalle autorità iraniane dal maggio 2016.
La selezione riflette il crescente riconoscimento da parte del Comitato Nobel alle donne che guidano movimenti di opposizione politica e sociale in tutto il mondo. Solo tre donne hanno vinto il Premio Nobel per la Pace nei suoi primi 75 anni di vita. Complessivamente dal 1901 il Comitato Nobel ha assegnato solo 19 dei 111 premi per la Pace a donne, mentre 92 sono andati a uomini. Con Mohammadi sono 9 le donne che hanno vinto o condiviso Nobel per la Pace dal 2000. Quello del 2023 è il secondo premio assegnato a un’attivista iraniana per i diritti umani. Shirin Ebadi, avvocato che ha fondato il Defenders of Human Rights Center, lo ha vinto nel 2003; dal 2009 vive in esilio a Londra.
Sono quasi 44 anni che il popolo iraniano è sottoposto a tutte le sofferenze e che sopporta ripetuti arresti, persecuzioni e torture da parte del regime iraniano per colpa degli ayatollah, individui che prima del ritorno di Khomeini nessuno conosceva.
“Questo premio è un riconoscimento del fatto che, anche se è attualmente e ingiustamente detenuta nella prigione di Evin, il mondo sente ancora la voce chiara di Narges Mohammadi che chiede libertà e uguaglianza”, ha motivato il Comitato invitando il governo iraniano a rilasciare immediatamente Narges Mohammadi e altri attivisti per i diritti delle donne.
Mohammadi è una coraggiosa scienziata, giornalista e attivista per i diritti umani. Ha studiato fisica applicata all’Università di Qazvin, poi ha lavorato come ingegnere mentre scriveva e si batteva per i diritti umani. È stata prolifica nelle pubblicazioni riformiste, alcune delle quali sono state successivamente vietate dal governo. Alla fine degli anni ’90 è stata imprigionata per un anno per aver criticato il governo. Nel 2003 è entrata a far parte del Centro per i difensori dei diritti umani fondato da Ebadi e ne è diventata vicepresidente. Nel 2011 è stata accusata di “agire contro la sicurezza nazionale”, “propaganda contro lo Stato” e appartenenza all’organizzazione di Ebadi. Ha affrontato diverse accuse successive per Negli ultimi tre mesi del 2023, più di 500 iraniani sono stati uccisi e circa 20.000 arrestati dopo la morte in carcere della 22enne Mahsa Amini, arrestata per aver violato il rigido codice di abbigliamento mostrando troppi capelli sotto la sua hijab.
È per tutta la risposta il comitato dell’Onu ha assegnato all’Iran la presidenza del comitato per i Diritti umani.