Iraq. Permane lo stallo politico, ma le spaccature risalgono a molto tempo fa

di Shors Surme

Permane il conflitto politico tra le fazioni in Iraq, un paese segnato dalla guerra che a quasi quattro mesi dalle elezioni generali non ha ancora scelto un nuovo primo ministro. Secondo la nuova costituzione, anche la scelta del capo dello Stato spetta alla minoranza curda, ma da quattro anni il ruolo è ricoperto da Barham Saleh.
C’erano poche speranze che il parlamento, composto da 329 parlamentari adagiati nella Zona Verde di Baghdad e quindi lontano delle problematiche che investono il paese, sarebbe stato in grado di raggiungere il quorum necessario dei due terzi per scegliere un nuov premier.
Il più grande blocco parlamentare, guidato dal potente politico sciita Moqtada al-Sadr, che detiene 73 seggi, è stato il primo ad annunciare il boicottaggio, e domenica scorsa sono seguiti i 51 seggi della Coalizione per la sovranità, guidata dal presidente del parlamento Mohammed al-Halbussi, un alleato di al-Sadr.
A tale scenario si aggiunge ora la diatriba tra i due principali partiti curdi, il Partito Democratico del Kurdistan (KDP) e il Partito Unione Patriotica del Kurdistan (UPK). Questo ha ricandidato l’attuale presidente Barhem Salih, invece il Partito Democratico ha candidato un l’ex ministro delle Finanze e degli Esteri Hoshyar Zebari, sotto processo per accuse di corruzione, che lui respinge affermando di “Non essere stato condannato in nessun tribunale”.
Il Partito democratico del Kurdistan (KDP) ha 31 seggi, ed ha annunciato la disponibilità a continuare le consultazioni e il dialogo tra i blocchi politici.
Intensi negoziati tra i gruppi politici non sono ad oggi riusciti a formare una coalizione parlamentare di maggioranza per nominare un nuovo primo ministro, che succeda a Mustafa al-Kadhemi.
D’altra parte l’Iraq è una società composta da gruppi etnico-religiosi: sciiti, sunniti e curdi, con una profonda rivalità tra le due principali confessioni islamiche che risale alla nascita dell’Islam, 14 secoli fa, subito dopo la morte del profeta Maometto. Questo conflitto non è quindi né di oggi né di ieri, ma risale a molto tempo fa, e nessuna delle due comunità ha cercato di risolvere il problema alla radice, non solo in Iraq, ma in tutto il mondo islamico.