ISLANDA. Gunnlaugsson annuncia il ritiro dai negoziati di adesione all’Ue

di C. Alessandro Mauceri

Gunnlaugsson Sigmundur Qualche tempo fa, poco dopo l’inizio della crisi economica che ha devastato, e continua a farlo, intere nazioni del vecchio continente (e non solo), in Islanda il Parlamento ha preso una decisione rivoluzionaria. Il primo ministro Sigmundur Gunnlaugsson ha dichiarato che “È stata la finanza a provocare la crisi economica e il tracollo della nostra economia. È stata la finanza a mettere nei guai i nostri cittadini. E adesso dovrà essere la finanza a tirare fuori dai guai gli islandesi”. Alla parole sono seguiti i fatti: a 100mila cittadini (un terzo della popolazione) sono stati cancellati 24mila Euro dal mutuo per la casa. Tutti coloro che hanno contratto un prestito immobiliare a tasso legato all’inflazione hanno ricevuto grazie alla misura proposta dal governo e approvata dal Parlamento una parte del debito. Una sorta di risarcimento per far fronte alla svalutazione della corona causata dal crac delle banche di Reykjavik (alcuni dicono pilotato) che aveva fatto crescere i prezzi e le rate di questi mutui in modo anomalo.
Nei giorni scorsi, Sigmundur Davíð Gunnlaugsson è tornato a far parlare di sé e del suo Paese: in un’intervista alla stazione radio Bylgjan il primo ministro islandese ha annunciato l’intenzione dell’Islanda di rinunciare all’adesione nell’Unione Europea.
L’Islanda era entrata ufficialmente a far parte del piano di allargamento dell’Unione Europea nel 2009, quando insieme ad alcuni Paesi dei Balcani e alla Turchia aveva presentato richiesta formale di adesione. Nel giugno 2010 furono avviati i “negoziati” per la formalizzazione dell’adesione. In quanto democrazia ben consolidata e membro dello Spazio economico europeo (SEE), l’Islanda ha registrato rapidi progressi nei negoziati con l’Ue.
Il processo di adesione si era bloccato dopo le elezioni del 2013 quando il nuovo governo, appena insediato, aveva congelato i negoziati di adesione. Ora pare che il governo islandese abbia deciso di rinunciare formalmente alla domanda di adesione all’Unione Europea. Già nel momento in cui sono saliti al potere, nel 2013, i due partiti euroscettici hanno concordato di ritirare formalmente la richiesta di adesione del 2009, senza interpellare la popolazione, come pure hanno immediatamente sciolto il comitato per i negoziati di adesione all’Ue (che fino ad allora aveva concordato 11 dei 33 capitoli previsti per la ratifica).
Una decisione che però ha violato la promessa di indire una consultazione pubblica mediante un referendum, un passaggio che ora il governo ha deciso di voler saltare.
Ma, soprattutto, un “cattivo esempio” in un momento in cui sempre più Paesi in Europa parlano di uscita dall’Euro o dall’Unione Europea.

Nella foto: il premier islandese Sigmundur Gunnlaugsson