Le accuse (dal tempismo perfetto) del giudice Owen, ‘fu probabilmente Putin a ordinare la morte di Litvinenko’

di Enrico Oliari –

litvinenko owen grandeLa guerra fredda tra Russia e occidente vede oggi un nuovo colpo di scena: l’accusa della procura britannica nei confronti del presidente russo Vladimir Putin di aver “probabilmente approvato” l’omicidio di Alexander Litvinenko.
Delle indagini di sir Robert Owen se ne parlava già a luglio, ma la tempestività con cui il giudice ha portato le sue conclusioni e posto i sospetti con le 300 pagine di inchiesta sul presidente russo (poca carta per accusare un capo di Stato) ha dell’incredibile, se si pensa che solo ieri il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier ha proposto la riesumazione del Consiglio NATO-Russia e quindi ha auspicato la ripresa del dialogo fra i due blocchi militari, in barba ai rumorosi paesi dell’Europa dell’est.
Fatto sta che Owen ha affermato nel suo rapporto che i due cittadini russi Andrei Lugovoi e Dmitri Kovtun, accusati di aver avvelenato Litvinenko col polonio 210 al Millennium Hotel di Mayfair, nel centro di Londra, agirono su ordine dei servizi segreti russi, l’FSB, e quindi del capo Nikolai Patrushev.
I due avevano lasciato tracce di materiale radioattivo nei vari locali e luoghi in cui erano transitati, ma nonostante ciò si sono sempre proclamati innocenti. Avevano incontrato Litvinenko il 1 novembre 2006, come pure aveva cenato con lui il faccendiere italiano Mario Scaramella. Nonostante il grave sospetto di omicidio, Mosca ha sempre rifiutato l’estradizione dei due sospetti, i quali oggi sono rispettivamente l’uno membro del parlamento e del Comitato per la Sicurezza della Duma, e l’altro imprenditore.
Litvinenko era un agente del Kgb divenuto scomodo e incontrollabile per le sue rivelazioni in quanto aveva accusato pubblicamente i suoi superiori di aver organizzato un piano per assassinare il milionario Boris Abramovič Berezovskij, effettivamente trovato morto sei anni dopo nella sua residenza nei pressi di Londra in circostanze non chiare, apparentemente per suicidio; nel 2002 Litvienko, che aveva ottenuto asilo politico in Gran Bretagna, aveva pubblicato un libro dal titolo “Blowing up Russia: Terror From Within”, finanziato da Berezovskij, in cui accusava gli agenti russi di essere i veri responsabili della serie di attentati esplosivi avvenuti in Russia tra l’agosto e il settembre del 1999 e che fecero più di trecento vittime, attribuiti ai separatisti ceceni.
Successivamente nel saggio “Gang from Lubyanka”, aveva accusato Putin di esserne il mandante delle stragi.
Poco prima di morire in un ospedale della capitale britannica, aveva scritto una lettera agli amici in cui accusava direttamente Vladimir Putin di volerne la morte: “Può far tacere un uomo, ma la protesta esploderà in tutto il mondo, signor Putin, e rimbomberà nelle sue orecchie per il resto della vita. Il mio dio la perdona per quello che mi ha fatto”.
Le accuse di Owen sono state definite “assurse” da Lugovoi, mentre il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha parlato di “verdetto politicamente motivato”, dove non vi sono incriminazioni e soprattutto ricorrono all’avverbio “probabilmente”, cioè al semplice sospetto che di certo non rappresenta “la pistola fumante”.
Ma Mosca è andata oltre e ha avvertito che l’inchiesta di Owen, con quell’insufficiente “probabilmente”, potrebbe avere delle conseguenze.
La vedova di Litvinenko, Marina, ha espresso soddisfazione e ha chiesto che la Gran Bretagna metta in piedi delle conseguenze per la Russia , ovvero di interdire l’entrata nel Regno Unito a Putin e ad altre personalità, oltre espellere le spie russe. “Le accuse pronunciate da mio marito sul suo letto di morte – ha affermato – sono state dimostrate giuste da una corte inglese”.
Londra ha convocato l’ambasciatore russo Alexander Vladimirovich Yakovenko per esprimere lo scontento ufficiale per la mancanza di cooperazione delle autorità di Mosca nelle indagini e chiedere che si indaghi sul ruolo dei servizi segreti russi.  Si è anche appresa la decisione di congelare i beni dei due sospetti assassini.