Libia: 140 miliardi d’euro in ballo. Per l’Italia è scacco matto?

di Marco Pugliese –

libia regioniRenzi ed Hollande parleranno a giorni della questione libica. Sul tavolo l’intervento militare che il nostro premier smentisce su più reti televisive. La guerra di Libia è datata 2011. Furono i francesi ad aprire le danze, Obama e Londra si accodarono. La fine di Gheddafi è diventata un conflitto tra le tribù, le milizie e dentro l’Islam, che però è sempre rimasto una guerra di interessi geopolitici ed economici. L’esito non è stato l’avvento della democrazia (come molti profetizzarono all’inizio) ma è sintetizzato in un dato clamoroso: la Libia era al primo posto in Africa nell’indice Onu dello sviluppo umano, ora come stato non esiste nemmeno più.
La vera guerra è tra Tripoli e Tobruk, che hanno clienti diversi nella vendita del petrolio, export che fino al 2011 era in mano all’Eni. La Libia detiene il 38% del petrolio africano e l’11% dei consumi d’Europa. Un greggio che fa gola a molti, ad oggi solo Eni estrae barili in Tripolitania, un monopolio che per francesi in primis deve finire.
La cosa buffa è che sono richiesti i nostri militari per mettere in atto questo “progetto di spartizione”. Non interessa sicuramente che l’ Italia abbia perso 5 miliardi di commesse a partire dal 2011. La Libia vale più o meno 140 miliardi d’euro nell’immediato e circa quattro volte e mezzo nel caso in cui più stati libici tornino ad esportare come prima della guerra. Questo l’asset previsto da inglesi e francesi. Uno stato confederale diviso in zone d’influenza o singoli stati indipendenti. A questo servono i 5mila militari italiani, in pratica partecipano ad una missione palesemente contraria all’interesse nazionale. In Cirenaica comunque ci sono un po’ tutti, dalla Shell ai tedeschi, ai cinesi passando per i francesi ed i soliti americani. Ed i russi? Attualmente vendono armi all’Egitto (insieme alla Francia), che in segreto sogna di conquistare la Cirenaica, del resto lo stato egiziano ci prova dal 1943. Carte alla mano, il paese tornerà in sicurezza (ignorando Algeria e Tunisia) con questo asset strategico: Francia guardiana del Sahel nel Fezzan, Londra in Cirenaica (con loro l’Egitto non fiata…) ed italiani in Tripolitania. Gli Usa? Una supervisione generale.
Sommando gli interessi occidentali, mascherati da obiettivi comuni, sono divergenti da sempre. Dobbiamo rassegnarci, la Francia non è da considerarsi paese amico al di fuori dell’Europa. Ancora viva la memoria di quando il presidente francese Nicolas Sarkozy attaccò Gheddafi senza nemmeno avvisarci, a noi, che avevamo appena firmato accordi per 5 miliardi d’euro, a noi che avevamo con l’ Eni costruito tutti gli impianti petroliferi ed energetici del paese. Perchè? Il funzionario Sidney Blumenthal rivelò che Gheddafi intendeva sostituire il Franco Cfa, utilizzato in 14 ex colonie, con un’altra moneta panafricana. Lo scopo era rendere l’Africa francese indipendente da Parigi: le ex colonie hanno il 65% delle riserve depositate a Parigi. Poi naturalmente c’era anche il petrolio della Cirenaica per la Total. Lo spiegò perfettamente anche il Sole 24 ore in numerosi articoli. Questi sono i nostri alleati, quelli che ci impongono un comando militare in una missione tutta da decifrare, finti amici che ci vogliono in prima linea per poter meglio gestirsi il bottino. L’Is in tutto questo diventa secondario, come al solito la partita la si gioca sul petrolio.
In questi giorni ci sono navi francesi, inglesi, americane, russe, tedesche e cinesi nella porzione di Mar Mediterraneo posto fronte alla Libia, nessuna d’esse ha soccorso o solamente segnalato barconi, eppure le rotte sono sempre quelle. Come al solito ci ha pensato la nostra marina, ormai instancabile. Già, perché lo svuotamento della Libia è parte del progetto, francesi, inglesi e tedeschi hanno pensato a tutto. Grecia ed Italia gestiranno la crisi umanitaria (tradotto diventeranno due giganteschi campi profughi) mentre gli altri sguazzeranno nel petrolio libico. L’Italia ha perso peso politico, bruscamente e velocemente. L’Egitto ci ha letteralmente presi a pesci in faccia con il caso Regeni, i libici ci hanno già avvertito: doveste presentarvi non sareste graditi, notare il pasticcio incorso con gli ostaggi. L’Italia ha tutto da perdere e appare ormai in un vicolo cieco, sembra che il tempo d’azione le sia sfuggito di mano, il nostro paese palesemente in ritardo sulla questione, senza una vera agenda diplomatica. Quando dovevamo e potevamo non abbiamo alzato la testa, sperando nella solidarietà francese, in realtà i transalpini sono solo che contenti di vedere la nostra marina a fare da crocerossina del Mediterraneo. Il fatto grave? L’opinione pubblica italiana non ha capito il reale disegno geopolitico, dibatte ancora sui salvatti, i cenri d’accoglienza, il Brennero e molto altro, perdendo di vista il vero nodo della questione. L’ Austria paradossalmente ha compreso certe situazioni prima di noi, intuendo che in Europa veri amici non ne esistono. A rimetterci chi sul serio scappa dalla Siria (altro conflitto che andrebbe spiegato passo dopo passo) e si ritrova muri e fucili spianati. Siamo ad un punto di svolta cruciale, i prossimi giorni saranno decisivi. Forse in queste ore il nostro governo sta finalmente capendo che l’Europa è piena zeppa di mezzi amici, finti alleati che vorrebbero usare i nostri stessi militari per darci il colpo di grazia definitivo. Uno scenario particolare, da evitare.