Libia: Gentiloni in Parlamento, ‘non ci facciamo trascinare in avventure inutili e pericolose’

di Daniele Priori –

gentiloni ng grandeROMA – Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni è intervenuto in Parlamento per riferire la posizione del governo italiano in materia di Libia. “Il governo – ha spiegato il ministro – non si farà trascinare in avventure inutili e perfino pericolose per la nostra sicurezza nazionale. Non è sensibile al rullar di tamburi e a radiose giornate interventiste ma interverrà se e quando possibile su richiesta di un governo legittimo”.
Non è la prima volta che Gentiloni sottolinea la necessità di un governo di unità nazionale in Libia quale condicio sine qua non per giungere ad un intervento, mentre la realtà oggi vede varie fazioni “di Tripoli” e “di Tobruk” respingere l’accordo raggiunto a Skhirat grazie ai mediatori dell’Onu prima Bernardino Leon ed oggi Martin Kobler, e che vede per premier del designato governo unico Fayez al-Serraj.
Serve quindi “combinare fermezza, prudenza e responsabilità” poiché, ha detto Gentiloni a chi “snocciola numeri di soldati pronti a partire”, “Gli interventi militari non sono la soluzione” e la Libia “è grande sei volte l’Italia e conta 200 mila uomini armati tra milizie ed eserciti”.
Ha poi ribadito che “Noi lavoriamo per rispondere ad eventuali richieste di sicurezza del governo libico, niente di più e niente di meno, nel rispetto della Costituzione e ovviamente lo faremo solo in seguito al via libera del Parlamento, come ha ricordato qualche giorno fa il presidente del Consiglio”.
In merito al percolo rappresentato dall’Isis in Libia, che ormai controlla oltre 200 chilometri di costa nella zona di Sirte, il ministro ha affermato che “Oggi, secondo le nostre analisi, ci sono circa 5 mila combattenti di Daesh (Isis, ndr.) in Libia, concentrati soprattutto nell’area di Sirte ma da lì capaci di compiere incursioni pericolose anche nell’area di Raf Lanuf e nel nord ovest”. I jihadisti sono “spesso contrastati da milizie islamiche, ma sappiamo che il pericolo di un macabro franchising di Daesh è sempre presente”, e “Da questa minaccia terroristica l’Italia deve difendersi e si difenderà come prevede l’articolo 52 della Costituzione”.
Dell’intervento armato degli italiani in Libia se ne parla da settimane, con analisti, politici, militari persino diplomatici pronti a dire la loro e a “snocciolare – come ha osservato Gentiloni – numeri di soldati pronti a partire”. Vi è quindi tensione, se si vuole fisiologica, per cui basta un nulla a provocare timori e polemiche, anche perché è pacifico che un prematuro intervento straniero in Libia, anche italiano, avrebbe l’effetto di unire le varie forze in lotta contro il comune nemico invasore. Come pure l’Isis, che fino ad oggi non è mai andato oltre gli slogan verso l’Italia, avrebbe un motivo in più per passare all’azione.