Libia. Perchè al-Seraj non ha scelto Khalifa Haftar come ministro della Difesa

di Enrico Oliari

Haftar grandeDa pochi giorni Fayez al-Serraj, premier del governo di unità nazionale nato grazie alla moderazione dell’Onu, dell’Italia e di altri paesi, ha reso nota la lista dei 32 ministri e dei 4 vicepremier.
Si tratta di una composizione che si appoggia su delicati equilibri, che comunque dovrà avere il via libera delle fazioni che compongono i due parlamenti rivali, quello “di Tripoli”, islamista, riconosciuto da Qatar e Turchia e con premier Khalifa al-Gweil, e quello “di Tobruk”, frutto delle elezioni del giugno 2014, riconosciuto dalla comunità nazionale e il cui governo ha per capo Abdullah al-Thinni.
La situazione vede al momento in Libia coesistere quindi tre governi, se non si vuole aggiungere il quarto dell’Isis, che controlla Sirte e 300 chilometri di costa.
La lista dei ministri ha visto l’esclusione del generale Khalifa Haftar, capo dell’esercito “di Tobruk”, una scelta dovuta all’opposizione della parte “di Tripoli” la quale aveva posto una condicio sine qua non; malumori degli esponenti “di Tripoli”, tanto che Ali al-Qatarani e Omar Aswad, entrambi del consiglio di presidenza “di Tobruk”, hanno già fatto sapere l’intenzione di votare contro il nuovo governo proprio per la mancata nomina di Haftar a ministro della Difesa.
Il compromesso è stato individuato nella figura del colonnello El Mahdi Ibrahim Michtou el-Barghthy, uomo vicino al generale e quindi della parte “di Tobruk”.
In realtà la figura di Khalifa Haftar è assai controversa, in quanto i suoi detrattori lo considerano al soldo di Washington: nel 1987 venne fatto prigioniero dall’esercito ciadiano in occasione della “Guerra delle Toyota”, per poi essere prelevato dalla Cia e portato negli Usa, dove vi è rimasto fino al 2011. In quell’anno ricomparve in Libia per comandare la piazza di Bengasi nell’insurrezione che ha portato alla deposizione di Muammar Gheddafi.
Anche l’atteggiamento dei confronti dell’Italia è stato a tratti altezzoso.
In marzo era arrivato ad avvertire pubblicamente l’Italia che “Stiamo combattendo anche per voi e se dovessimo fallire il prossimo obiettivo dei terroristi sarebbe l’Italia”. “Siamo un popolo orgoglioso – aveva sottolineato – possiamo anche combattere questa guerra a mani nude, ma il Qatar, la Turchia e il Sudan stanno aiutando gli estremisti, con armi e finanziamenti. (…) E’ importante che si sappia che voltata questa pagina ci ricorderemo molto bene chi ci è stato vicino e chi invece si è voltato dall’altra parte”. “La Libia – aveva ribadito il generale – è un paese ricco di risorse e in base a quanto accadrà e a chi sosterrà il governo eletto democraticamente, decideremo noi con chi condividere questa ricchezza”.
Aveva poi fatto pressione sul tema dell’immigrazione, affermando che “In Italia siete molto preoccupati per questo fenomeno, che in questo momento non siamo in grado di controllare visto che gli estremisti utilizzano il traffico di essere umani per finanziarsi. Vorremmo che venissero rispettati e rinvigoriti i vecchi accordi ora in disuso, ma perché accada serve l’intervento rapido della comunità internazionale a sostegno del governo legittimo di Tobruk”.
Il 4 giungo 2014 Haftar era scampato ad un attentato: un kamikaze si era fatto esplodere presso l’edificio che ospita la base degli anti-jihadisti, uccidendo 3 militari. Il generale Haftar, che era nella villa, è rimasto illeso.