L’Iraq di Usa e Iran: a 20 anni dall’invasione il paese è distrutto

di Shors Surme

Dopo il disfacimento dell’impero sovietico, nell’euforia del sentimento di vittoria degli Stati Uniti, i teorici della Guerra Fredda e gli ambienti degli eminenti consiglieri dei presidenti, in particolare Zbigniew Brzezinski, che si dice fosse orgoglioso ovunque andasse essendo l’uomo che aveva sconfitto i sovietici e il campo orientale, iniziò a lavorare sull’attuazione dei piani per il “Progetto del 21mo secolo per l’egemonia americana”. Come primo obiettivo in Medio Oriente vi era quello di dare maggior forza all’entità israeliana nella regione, e l’allora vice segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Paul Wolfowitz, disse: “Lasciate l’Afghanistan e colpite rapidamente l’Iraq. Non fa differenza se è dimostrato che ci siano armi”. E al primo ministro israeliano Bemjamin Netanyahu: “Abbiamo invaso l’Iraq per te”.
L’ex ministro degli Esteri francese, Dominique de Villepin, ha affermato che lo Stato francese era a conoscenza della menzogna sulle armi di distruzione di massa, e di averlo sottolineato al segretario di Stato Usa, Colin Powell, nel suo ufficio.
Nonostante la mancanza dell’approvazione del Consiglio di sicurezza Onu, gli Usa hanno proceduto con l’invasione, ma il ministro della Difesa Rumsfeld si è dimesso sotto la pressione dei generali dell’esercito sorpresi dagli attacchi iracheni.
Così gli Usa hanno attaccato uno Stato sovrano con la menzogna delle armi di distruzione di massa, ma anche quella di portare la democrazia in Iraq rovesciando il regime di Saddam Hussein. Il tutto non negli interessi degli iracheni, bensì per gli interessi propri, basti pensare che ll 96% dei lavoratori del settore petrolifero oggi è composto da stranieri, mentre prima dell’invasione era interamente iracheno.
Al di là delle chiacchiere del presidente Usa Bush, realtà vede dopo due decenni gli iracheni senza nessun tipo di democrazia, perché tutti i governi che si sono formati dopo l’invasione non sono stati eletti, ma piuttosto nominati su base settaria ed etnica grazie all’accordo statunitense con l’Iran e la sua autorità a Najaf; il processo politico procede secondo “la norma” e secondo gli accordi e i negoziati dell’Iran con gli Stati Uniti sul dossier nucleare, e non secondo la costituzione portata dall’occupazione. Tra i risultati della democrazia dell’Iraq c’è lo spaventoso pluralismo dei media, che è diventato strumento di incitamento settario, odio, razzismo e conflitto, con prime vittime i giornalisti stessi.
La seconda promessa del presidente americano era quella di garantire prosperità agli iracheni e di fornire tutti i servizi di base necessari per coloro che hanno sofferto le sanzioni e le guerre. Per il Comitato per la ricostruzione dell’Iraq erano stati prospettati 18 miliardi di dollari, ma sono stati sottratti 6,6 miliardi di dollari, ovvero il più grande furto avvenuto negli Stati Uniti, secondo l’avvocato Stuart Bowen.
La fornitura di servizi è diventata impossibile e inverosimile: gli iracheni non “sognano” nemmeno più di ripristinare l’elettricità, di procurarsi l’acqua, di frequentare regolarmente gli ospedali, di educare adeguatamente i propri figli nelle scuole statali, di ottenere un lavoro per vivere, nelle strutture pubbliche e private. Piuttosto la distruzione della società e la trasformazione dello Stato in milizie procedono di pari passo, a ritmo sostenuto, con il consenso e il coordinamento americano-iraniano, perché i due occupanti non vogliono che lo Stato iracheno risorga e si possa procedere con il saccheggio delle risorse.
Appare così evidente agli iracheni che gli Stati Uniti preferiscono la presenza di milizie affiliate al partito che controllano per prelevare il petrolio e la sua vendita; il denaro va alla JPMorgan Bank, che fornisce dollari alla Banca centrale irachena, piuttosto che a uno stato nazionale sovrano.
Paul Bremer, consigliere economico presso l’ambasciata statunitense di Baghdad, ha dichiarato alcune settimane fa su Iraqi Change Channel che le aziende Usa possono investire per la ricostruzione solo in un clima di stabilità e completa sicurezza, cioè non in un paese governato da milizie. Tradotto significa che non ci sarà alcuna ricostruzione.
Gli Stati Uniti hanno fornito assistenza nel campo della lotta al degrado climatico formando alcune persone, oltre ai corsi di formazione per i giovani, che l’ambasciata conduce e pubblica contemporaneamente sulla sua pagina Facebook. Sotto l’occhio vigile di questa ambasciata, l’Iran continua il processo di disegno di una nuova mappa demografica per le città e i villaggi dell’Iraq, attraverso la pulizia settaria, lo sfollamento forzato e la demolizione di città e villaggi, come il governatorato di Diyala, la città di Samarra, Dujail, al-Auja, Jurf al-Sakhar, la cintura di Baghdad e altri centri per renderli aree di esclusiva influenza iraniana. L’Iran continua inoltre a gestire il Parlamento della Zona Verde e il processo politico in un modo che consente solo ai suoi partiti islamici di dominare la scena politica. I partiti filo-iraniani sono contro gli indipendenti presentatisi alle elezioni secondo la nuova legge elettorale, la stessa che vogliono modificare prima di impegnarsi per il deterioramento delle condizioni del paese e riportarlo allo stato in cui era. Azioni per evitare che arrivino in futuro voci indipendenti o di partiti nuovi e giovani.