Macedonia. Via libera del Parlamento al cambio del nome

Nonostante le resistenze interne alimentate dal Cremlino.

di Guido Keller

Il Parlamento macedone ha votato a favore del cambio del nome della Fyrom (Former Yugoslav Republic of Macedonia) in “Repubblica di Macedonia del Nord”, un’iniziativa assunta dopo che il referendum popolare di tre mesi fa aveva visto l’affluenza di solo il 35% degli elettori. In quell’occasione il vicepremier macedone con delega agli Affari Europei, Bujar Osmani, aveva affermato che il risultato del referendum sarebbe stato considerato valido anche senza quorum, perché alla fine la palla sarebbe passata comunque al Parlamento.
L’accordo sul cambio del nome al paese risale al giugno 2018 ed è stato mediato dall’Unione Europea, sia per porre fine ad una questione che è rimasta aperta dal 1991, sia per garantirsi il via libera della Grecia all’adesione di Skopje.
La cancelliera tedesca Angela Merkel, in visita nei giorni scorsi in Grecia, ha sollecitato al premier Alexis Tsipras il placet del governo, il quale però appoggia la sua maggioranza sui Greci indipendenti, formazione di destra da sempre contraria a che il termine “Macedonia”, in uso per una delle regioni settentrionali del paese, sia adottato dalla Fyrom.
Il voto del Parlamento macedone blocca le resistenze interne ben alimentate dalla Russia, che paventa l’adesione (ormai quasi scontata) del paese alla Nato. Un’avversione tutt’altro che ufficiosa, al punto che in occasione del referendum sono state denunciate intromissioni del Cremlino attraverso oligarchi russi e persino i monaci ortodossi del monte Athos, come pure erano stati individuati migliaia di falsi account Facebook e Twitter che diffondevano l’hashtag “#Bojkotiram (“boicottiamo”) il referendum”.
Anche ad Atene erano state portate alla luce le intromissioni russe, ed a Bloomberg Costas Douzinas, membro di Syriza e capo della commissione Esteri, aveva affermato che “se i russi continuano a tentare di far deragliare l’intesa, la reazione sarà forte”.
Risolta la questione in Macedonia, la palla passa ora alla Grecia, dove il governo Tsipras dovrà finalmente dare il via libera dell’adesione di Skopje all’Ue. Salvo sorprese.