Messico. Dopo i primi sei mesi di presidenza Obrador con le sue riforme mantiene il consenso

di Alberto Galvi –

Il neo presidente eletto Obrador, chiamato frequentemente Allo (acronimo di Andrés Manuel López Obrador) ha vinto le presidenziali del 1 luglio scorso con l’emergere di un partito di sinistra Morena (Movimiento Regeneración Nacional), una formazione politica creata ad hoc da López Obrador, come principale forza del Congresso. Il neo presidente aveva promesso in campagna elettorale una grande trasformazione del Paese, che però è avvenuta solo in parte.
In questi sei mesi di governo il presidente messicano è riuscito a far approvare diverse riforme grazie anche alla schiacciante maggioranza della coalizione che lo sostiene che si chiama Insieme Faremo la Storia (Juntos Haremos Historia), che ha ottenuto alle elezioni sia alla Camera (308 deputati su 500) sia al Senato (68 senatori su 128). Senza contare che l’opposizione composta dai partiti tradizionali come il PRI (Partido Revolucionario Institucional), il PAN (Partido Acción Nacional) e il PRD (Partido de la Revolución Democrática) è sostanzialmente divisa.
Una delle prime riforme approvate dal governo Obrador riguarda la lotta alla corruzione, modificando la legge federale sulla retribuzione dei dipendenti pubblici, al fine di garantire che nessun funzionario riceva uno stipendio più alto di quello che percepisce il presidente della Repubblica. Amlo ha inoltre sospeso mediante decreto il condono sul pagamento delle tasse ai grandi contribuenti del paese perché di questo meccanismo si era negli anni fin troppo abusato.
Finora tra i provvedimenti approvati c’è quello sui salari minimi. Questa legge promossa dal governo messicano, è incentrata sul graduale e responsabile recupero del potere d’acquisto delle classi più povere. La riforma del lavoro legata all’ILO (Organización Internacional del Trabajo), rappresenta invece una drastica rottura con il passato. La riforma del lavoro mira a creare un sistema trasparente per le pratiche sindacali in modo che i lavoratori possano esercitare i loro diritti senza timore di rappresaglie. López Obrador ha annunciato diversi programmi di aiuti, che dovrebbero far uscire dalla povertà circa venti milioni di persone nei prossimi sei anni, nonostante le diffuse domande su come pagherà per tutte quelle iniziative.
Tra le politiche più contestate a questo governo c’è sicuramente quella sull’immigrazione. Durante i primi mesi di governo messicano offriva ai migranti centroamericani un visto umanitario per un anno permettendo loro di lavorare e viaggiare ovunque in Messico, ma poi le cose sono cambiate. Da febbraio l’accesso ai visti è diventato più severo a causa delle pressioni del presidente Trump e delle comunità messicane residenti negli Stati Uniti che chiedono politiche più severe sui flussi travolti dall’ondata migratoria dei primi mesi dell’anno.
In politica interna tra le leggi approvate dal governo c’è quella sulla sicurezza. Il Congresso messicano ha approvato la creazione di una Guardia Nazionale composta da 60 mila elementi. Con questa riforma la Guardia Nazionale, sarà sotto il controllo della autorità civile. Alcuni critici di questa legge si chiedono se il nuovo approccio sia solo un cambiamento nella vecchia strategia. Il precedente governo di Enrique Peña Nieto aveva ampliato il potere delle forze armate per combattere i narcotrafficanti senza però ottenere i risultati sperati. Obrador ha anche promesso di rimuovere i militari dalle strade, il che cambierebbe una strategia controversa per combattere il crimine che aveva portato a violazioni diffuse dei diritti umani. In Messico il tasso di omicidi è ancora tra i più alti in America Latina.
Per quanto riguarda le politiche energetiche, il governo messicano vuole investire miliardi di dollari per rafforzare le aziende statali petrolifere come la Pemex, e far diventare autosufficiente il Messico nel settore energetico salvando migliaia di posti di lavoro. Pemex ha 100 miliardi di dollari di debito, e il governo del Messico ha trovato un accordo con le banche JP Morgan, HSBC e Mizuho per istituire fondo di 8 miliardi di dollari per aiutare la società petrolifera ad estinguere il debito della società.
La politica estera voluta da Obrador è sicuramente differente rispetto a quella del suo predecessore. Peña Nieto, ha tentato prima con il presidente Obama e poi con il presidente Trump di raggiungere un accordo per il NAFTA (North American Free Trade Agreement). Con Obrador il Messico non avrà come unici partners i Paesi del NAFTA, questo include tutti i membri del TTP (Trans-Pacific Economic Cooperation Agreement). Nel rapporto con gli stati esteri invece AMLO ha adottato la politica del non intervento negli affari interni di altri paesi (dottrina Estrada), a favore di una soluzione pacifica delle controversie.
L’ultima riforma approvata in ordine di tempo è stata quella sul sistema educativo voluta fortemente da Obrador. Per approvare questa legge sono stati modificati gli articoli 3, 31 e 73 della Costituzione messicana. Il principale cambiamento riguarda l’abolizione dell’INEE (Instituto Nacional para la Evaluación de la Educación), un organismo autonomo creato da Peña Nieto per valutare le prestazioni dell’insegnamento e convalidare gli insegnanti nel loro lavoro. Al suo posto gli insegnanti avranno diritto a un sistema di formazione gratuita e non dovranno più effettuare valutazioni obbligatorie e punitive. Per la prima volta in Messico l’istruzione superiore sarà obbligatoria e gli studenti con problemi economici avranno diritto a borse di studio.
Dopo sei mesi di presidenza, Obrador rimane molto popolare nel paese nonostante le riforme attuate non abbiano ottenuto i risultati sperati. AMLO con la sua insolita disponibilità, ha conquistato la popolazione in particolare attraverso conferenze televisive e le sue riforme a favore dei poveri e contro i privilegi della casta.