Nigeria. Firmata la legge finanziaria 2016

di Valentino De Bernardis –

buhari muhammadouVenerdì 7 maggio il presidente Muhammadu Buhari ha finalmente firmato la legge finanziaria, una manovra da 6,1 trilioni di naira (poco più di 30 miliardi di dollari) mettendo fine ad una vicenda che rischiava di sforare nel ridicolo, e far sprofondare l’economia nigeriana nelle sabbie mobili di una imperitura crisi economica. L’odissea della prima legge finanziaria dell’esecutivo Buhari ha avuto inizio pochi giorni dopo la presentazione alle camere, con documentazione mancante e importanti discrepanze in termini di spesa tra i progetti di legge presentate a camera e senato, causando la conseguente levata di scudi da parte dell’opposizione, e una inquietante fibrillazione nelle file della maggioranza, che ha minacciato da vicino la stabilità dell’esecutivo stesso. Pericolo rientrato in parte a febbraio con l’avvicendamento alla carica di Direttore denerale dell’Ufficio Bilancio della Federazione tra Aliyu Yahaya Gusau (a sei mesi dalla nomina avvenuta ad agosto 2015) con Tijjani Abdullahi, un giro di poltrone inevitabile per restituire credibilità all’azione governativa e ottenere una nuova apertura di credito dal parlamento.
Il testo licenziato la scorsa settimana si presenta certamente molto ambizioso, ma forse necessario per dare una scossa all’economia nigeriana alle prese con una delle più sfavorevoli congiunture economiche dal ritorno del paese alla democrazia nel 1999 ad oggi. Nonostante il costante forte impegno delle istituzioni di Abuja alla diversificazione economica, il paese rimane ancorato all’estrazione e alla commercializzazione del petrolio, da cui dipende per oltre il 90% del valore totale delle esportazioni, e il 75% delle entrate fiscali (con una produzione di oltre 1,8 milioni di barili al giorno), rendendolo vulnerabile alle oscillazioni del prezzo del greggio sui mercati internazionali, come ampiamente dimostrato nel corso dell’ultimo anno.
Per arginare il peggioramento dei conti pubblici, il governo ha deciso di dare vita ad una importante politica economica espansiva, con un incremento della spesa pubblica di circa il 20% rispetto a quella del 2015, e l’impegno a mettere in cantiere una serie di investimenti strutturali miranti ad un totale sdoganamento del paese dalla dipendenza del petrolio. Esempio primo l’iniezione immediata di 200 miliardi di naira (un miliardo di dollari circa) per la costruzione ed il rafforzamento della rete di trasporto viario. Un programma ambizioso, basato su una stima del prezzo del greggio a 38 dollari al barile, ben al di sotto degli attuali 43 dollari, che dovrebbe mettere al riparo il progetto presidenziale da ulteriori ribassi nel breve-medio periodo; e che anzi in caso di una crescita dei prezzi potrebbe contribuire direttamente a ridurre il deficit di bilancio senza alcuna ulteriore azione del governo centrale.
Dopo la lotta senza quartiere alle forze terroriste di matrice islamica nel nord del paese, e l’impegno ad estirpare la piaga della corruzione nei centri decisionali dell’apparato statale, il risanamento dell’economia rappresenta il terzo punto programmatico dell’agenda politica annunciata da Buhari durante il suo discorso di insediamento nel maggio 2015. Una battaglia che, prima ancora dell’approvazione del sopracitato budget, il presidente aveva deciso di combattere difendendo ad oltranza la moneta nazionale, rifiutando gli inviti a procedere alla svalutazione della moneta nazionale, mantenendo inalterato il tasso di oscillazione del cambio con il dollaro statunitense a circa 199 naira. Una scelta fortemente osteggiata dall’opposizione che ne sottolineava la limitata indipendenza riconosciuta della Banca Centrale Nigeriana, e la nascita di un circolo vizioso, che potrebbe essere stata la causa prima dell’imposizione di restrizioni sull’importazione di alcuni prodotti, nell’intento di limitare l’uscita di moneta pregiata dal paese. Passi forzati per salvaguardare le riserve di moneta straniera fortemente colpite dal crollo del prezzo del petrolio. Un campo minato in cui il rischio cresce con il trascorrere del tempo.
Ad oltre un anno dalla vittoria alle elezioni presidenziali di Buhari, in una alternanza al potere pacifica su cui in pochi avrebbero scommesso, delle promesse fatte in campagna elettorale, poco, molto poco, è stata realizzato, e forse la completa attuazione della legge finanziaria del 2016 potrebbe rappresentare il primo passo verso la giusta direzione, con il tentativo di rafforzare il settore secondario e terziario nel paese. Elementi imprescindibili per sostenere la nascita di una classe media sempre più consistente, magari in un primo momento con il supporto di stipendi e salari provenienti dalle casse dello Stato, in modo da aumentare (e diffondere) il potere d’acquisto e quindi creare domanda interna, fino al successivo completo ritiro dello Stato dall’economia.
Un sogno forse realizzabile solo in un mondo ideale, o forse no.

@debernardisv
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