Pakistan. La persecuzione dei membri della setta Ahmadi

di Alberto Galvi

Il mese scorso in Pakistan il professore Naeem Khattak della setta Ahmadi è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco da un collega musulmano sunnita, il professor Farooq Maad, il giorno dopo che i due avrebbero avuto un’accesa discussione su una questione religiosa.
L’aggressore e il suo complice hanno aperto il fuoco sull’auto di Khattak mentre stava andando al lavoro, sono ancora latitanti.
Gli Ahmadi si considerano musulmani, ma credono che un profeta sia venuto dopo il profeta Maometto, che nell’Islam è venerato come l’ultimo dei messaggeri di Dio. Questa è un’opinione rifiutata dalle principali sette islamiche che però si rifiutano di dichiararsi non musulmane.
Per questa ragione gli Ahmadi non hanno tutele legali, per cui si trovano senza diritti umani fondamentali come l’accesso all’istruzione o il diritto al voto.
I circa 10 milioni di Ahmadi nel mondo sono seguaci di Mirza Ghulam Ahmad, l’uomo che ha fondato il movimento nell’India britannica nel 1889 e che gli Ahmadi credono sia un messia e il profeta di un nuovo messaggio.
Per le sette islamiche tradizionali Maometto è stato l’ultimo dei profeti, cioè il portatore ultimo della parola di Dio. Queste convinzioni hanno visto gli Ahmadi subire pressioni in diversi Paesi, tra cui Arabia Saudita e Indonesia.
I circa 4 milioni di Ahmadi in Pakistan, un Paese di circa 220 milioni di abitanti, hanno subito per decenni morte, intimidazioni e una continua campagna di odio. Le autorità nel Paese a maggioranza musulmana hanno fatto poco per arginare gli attacchi, con il governo che ancora rifiuta di concedere alla comunità lo stesso status quo.
Il parlamento pakistano ha dichiarato dal 1974 che la comunità non è musulmana e ha ulteriormente modificato le sue leggi nel 1984 per proibirle di fingersi di essere direttamente o indirettamente musulmani.
Inoltre è vietato dichiarare o propagare pubblicamente la loro fede. Gli Ahmadi se infrangono queste leggi rischiano la reclusione fino a tre anni e una multa. Inoltre le restrizioni hanno portato all’uccisione di decine di loro in tutto il Paese.
In Pakistan gli Ahmadi possono votare solo per i seggi parlamentari riservati ai non musulmani e per questa ragione la maggior parte di loro non vota.
Un ennesimo tentativo di segregare la comunità Ahmadiyya in Pakistan fu fatto il 15 gennaio scorso quando la sezione degli avvocati di Islamabad dell’IBA (‘International Bar Association) ha tentato di sospenderli dall’associazione e nominarli anche pubblicamente se non si fossero conformati alle leggi islamiche sunnite. La mossa è stata condannata sui social e criticata da membri del bar e dagli attivisti per i diritti umani.
Un tentativo di favorire le loro tutele è stato fatto dal governo pakistano, istituendo la NCM (National Commission on Minorities), un organismo interreligioso composto da tre membri rappresentanti della comunità cristiana, due religiosi musulmani, due membri sikh e un membro ciascuno delle comunità parsi e kelash completano il gruppo volto ad aumentare la tolleranza religiosa e ad affrontare le questioni di persecuzione nel Paese.