Palestina. Matar (+972 magazine), ‘reporter nel mirino da Gaza a Israele’

Il direttore a Tel Aviv: Sentiamo 2 parti, per favorire convivenza.

Agenzia Dire

“I giornalisti israeliani o palestinesi che vogliono raccontare la guerra e riportare critiche e denunce oggi fanno un lavoro più che mai difficile: quelli che sono a Gaza lavorano sotto i bombardamenti, in Cisgiordania sono bersaglio di violenze, nel sud di Israele rischiano di essere colpiti dai razzi di Hamas, mentre altrove si fanno più aggressivi gli attacchi degli estremisti di destra, che cercano dii imbavagliare voci critiche contro il governo di Benjamin Netanyahu. Si sta però prendendo coscienza della necessità di convivere con i palestinesi cambiando le politiche basate sui muri”. Questo il quadro che Heggai Matar, direttore di +972 Magazine, traccia in un’intervista con l’agenzia Dire.
Il suo giornale online, creato nel 2010, richiama il prefisso telefonico usato sia in Israele che nei Territori palestinesi occupati perché, chiarisce il direttore, si avvale di reporter palestinesi e israeliani e punta a “dare voce a entrambe le parti, per favorire la convivenza”.
Il conflitto riesploso due settimane fa, che ha causato più di 1.400 morti tra gli israeliani e oltre 4.600 tra i palestinesi di Gaza, è al centro degli articoli della rivista con sede a Tel Aviv, che conta “tra il milione e mezzo e i due milioni di accessi all’anno” calcola Matar: “Pubblichiamo in ebraico, arabo e inglese e questo fa sì che molti ci leggano anche dall’estero”.
Ma lavorare è tutt’altro che semplice, a partire dai giornalisti a Gaza: già in 18 hanno perso la vita dallo scorso 7 ottobre. “Abbiamo cinque corrispondenti nella Striscia” sottolinea Matar. “Vivono lì, quindi lavorano mentre sono impegnati a salvarsi dai continui raid dell’esercito israeliano, oppure mentre la loro casa o le loro famiglie vengono colpite”. Oltre al carico psicologico, si fa i conti con i blackout: “Se per qualche ora hanno la linea internet, magari non c’è elettricità per ricaricare le batterie degli smartphone. Questo rallenta la consegna di aggiornamenti essenziali”.
In Cisgiordania e in Israele le cose non sempre vanno meglio. Nei Territori palestinesi “i soldati e i coloni israeliani hanno intensificato le violenze”, denuncia Matar. Ma anche i reporter israeliani subiscono pressioni: il cronista cita il caso di Israel Frey, che per aver guidato una preghiera per le vittime di Gaza ha subito un raid di estremisti di destra, dopo che un utente aveva reso noto il suo indirizzo su alcuni gruppi di Telegram. “A centinaia si sono radunati sotto casa sua, a Tel Aviv, e l’hanno assediata per ore” ricorda il reporter di +972. “Hanno anche cercato di forzare la porta; ora Frey si trova in una località nascosta insieme ai figli”.
“Mi minacciano ancora oggi ma non mi fermeranno, perché c’è bisogno di mostrare empatia per Gaza” ha detto lo stesso Frei in un video condiviso su Youtube la settimana scorsa. L’assalto che il cronista ha subito è stato raccontato da testate internazionali, come il quotidiano britannico Guardian, “ma in Israele il fatto è passato sotto silenzio e dal governo non sono arrivate parole di condanna”, avverte Matar, che spiega: “Cercano di silenziare le critiche. Non avevamo mai visto una cosa del genere. Netanyahu ha sempre promosso discorsi contro i giornalisti ‘di sinistra’, ma mai come oggi. Siamo spesso bersaglio di campagne di odio sui social network, è successo anche a me e al mio giornale, per aver raccontato la guerra o aver dato voce a chi chiede di fermare le violenze e le uccisioni”. Matar aggiunge: “Il rischio maggiore è che venga reso noto il nostro indirizzo, come successo a Frei”.
Nei Territori palestinesi sono stati arrestati anche manifestanti, che non avevano fatto che esprimere le proprie idee. “La polizia ha annunciato tolleranza zero” sottolinea Matar. “Tanti palestinesi sono finiti agli arresti”. Secondo il direttore, “l’approccio del governo di Israele è pericoloso perché non propone politiche per convivere pacificamente coi palestinesi”. Matar continua: “L’attacco di Hamas ha causato un disastro, ma ad oggi il nostro governo non ha offerto nessuna seria risposta agli israeliani che hanno perso le cose o hanno bisogno di aiuto. Ci stanno pensando le organizzazioni israeliene, che raccolgono fondi e portano aiuti. Ma anche le proteste degli israeliani vengono disperse e silenziate”.
Il direttore di +972 Magazine conclude: “Penso che la maggior parte degli israeliani voglia che Netanyahu e i suoi ministri vadano a casa al più presto. Questa guerra sta almeno facendo prendere coscienza dell’importanza di riconoscere l’esistenza dei palestinesi: pulizia etnica, militarizzazione e barriere di separazione non sono soluzioni”. Nodi, questi, secondo Matar, che saranno al centro “del dibattito politico una volta finita questa guerra”.