Pechino e Seul sbattono la storia in faccia al Giappone. Ma dietro c’è il gas delle isole contese

di Enrico Oliari –

E’ bastato il riaccendersi dell’annosa questione della sovranità su alcune isole nel mar del Giappone perché i paesi dell’area interessati sbattessero squallidamente in faccia a Tokyo i ricordi della guerra imperiale. Lo scenario più classico di tutti è quello delle isole Senkaku (o Diaoyutai), contese dalla Repubblica popolare cinese e da Taiwan: da giorni Pechino snocciola come un rosario i fatti della Guerra sino-giapponese (1937 – 1945), arrivando ad affermare che il Giappone dovrebbe ”rispettare le vittime” dei paesi che ”hanno subito l’aggressione imperiale” nipponica.
L’ultimo strale è arrivato oggi dal ministro degli esteri cinese Yang Jiechi (che invece ha appena incontrato Bouthaina Shaaban,  inviato del presidente siriano Bashar al-Assad), il quale si è scagliato contro la visita che due ministri giapponesi hanno fatto oggi al controverso santuario di Yasukuni a Tokyo, che ricorda i caduti giapponesi.
”Il problema fondamentale di questo santuario di guerra – è stato scritto in un comunicato –  è sapere se il Giappone sarà capace di affrontare come dovrebbe la storia della sua aggressione imperiale”. Ovviamente dalle parti di Pechino ci si dimentica sistematicamente che esiste anche un problema più attuale di nome Tibet ed una colonizzazione economica dell’Africa tale da far sbiancare la presenza degli europei nel Continente Nero dei secoli scorsi.
Pochi giorni fa si era riaccesa anche la questione delle isole Takeshima (o Dokodo, o Rocce di Liancourt), amministrate dalla Corea del Sud, ma reclamate dal Giappone (si trovano a 157 km a nord-ovest delle Isole Oki).
Le Takeshima, come le Senkaku, sono disabitate, ma ricche di risorse nel sottosuolo: visitate nei giorni scorsi dal presidente della Corea del Sud Lee Myung-bak “in occasione dell’anniversario della fine del colonialismo giapponese nell’area”, avevano portato tensione fra i due paesi, anche perché il ministro degli Esteri nipponico, Koichiro Gamba, aveva esortato Lee Myung-bak a non compiere il viaggio.
Oggi, dopo soli tre giorni dalla polemica, è arrivato il conto storico di Seul: con un comunicato la Corea del Sud ha invitato il Giappone ad assumersi la responsabilità dello sfruttamento sessuale delle donne sudcoreane da parte delle truppe di occupazione giapponesi durante la Seconda Guerra mondiale. ”La questione della cosiddette ‘donne di conforto’ dell’esercito imperiale giapponese – ha detto oggi il presidente sudcoreano Lee Myung-bak nel corso di una cerimonia per l’anniversario della fine della guerra – va ben al di là delle semplici relazioni tra Corea del sud e Giappone”. ”Si tratta  – ha affermato – di una violazione dei diritti universali dell’Uomo (…) Esorto il governo giapponese ad agire con responsabilità”.
Nessuno può negare o arrogarsi il diritto di dimenticare i fatti drammatici ed ogni sorta di barbarie che hanno caratterizzato l’Oriente di quegli anni, tuttavia l’atteggiamento della Cina e della Corea del Sud appare di basso profilo, di certo più interessato al gas che le isole contese nascondono, che all’amore sincero per la storia.