Regeni. Il Senato “punisce” l’Egitto con i pezzi per gli F-16. Che il Cairo prenderà altrove

di Enrico Oliari –

egitto F16 grandePrime ritorsioni dell’Italia sul caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano di cui si erano perse le tracce al Cairo la notte del 25 gennaio (anniversario di Piazza Tahrir), ed il cui corpo seviziato era stato trovato il 3 febbraio lungo la strada che collega la capitale egiziana ad Alessandria.
Le commissioni Esteri e Difesa del Senato hanno votato la proposta di Sinistra Italiana di non fornire più pezzi di ricambio per i caccia F16 egiziani, almeno fino a quando non cambierà l’atteggiamento del Cairo. La fornitura dei pezzi di ricambio era stata decisa il 20 dicembre 2014 (Pinotti – Sedki Sobhi) sulla base della cooperazione militare tra i due paesi.
A far irritare l’Italia, opinione pubblica e governo, non è solo il fatto che ancora non siano ancora stati individuati i colpevoli dell’omicidio, poiché può accadere che le indagini richiedano tempo, bensì sono stati la cortina di fumo, i molti depistaggi e le mezze verità. Una presa in giro della memoria del giovane Giulio, della famiglia e dell’intero popolo italiano, per nascondere – il sospetto è questo – la mano dei servizi segreti e la realtà di un paese nel caos, tra regime e gruppi islamisti, del tutto insicuro per gli stranieri.
I pezzi di ricambio erano pronti per partire dal porto di Taranto, ma lì sono rimasti, con il ministero della Difesa che ha precisato che “nessun pezzo di ricambio né altro materiale per la manutenzione per gli F16 è stato spedito o consegnato all’Egitto” e che “rimangono nella piena disponibilità della Difesa”.
In realtà iniziative del genere hanno un valore pressoché simbolico e per nulla efficace, poiché in un mercato ampio e redditizio qual’è quello delle forniture militari c’è sempre qualcuno disposto a prendere il posto degli altri.
L’esempio è proprio il caso degli attriti sulle indagini per la morte di Regeni: l’Italia aveva ottenuto nel marzo scorso una risoluzione del Parlamento europeo (588 sì, 10 no, 59 astenuti) che, oltre a denunciare i molti, troppi, casi come quello del ricercatore italiano, chiedeva ai Paesi membri di sospendere la vendita di apparecchiature di sorveglianza qualora sia dimostrato che tali apparecchiature siano utilizzate per violare i diritti umani.
Non “forniture militari”, come avevan riportato alcuni media, per cui siamo lontani dall’interdizione della vendita di armi. Fatto sta che già il 18 aprile il presidente Francese era al Cairo per vendere un satellite, quattro navi da guerra e 12 cacciabombardieri Rafale, oltre ai 24 già comprati, con il New York Times che scriveva: “E’ “vergognoso” il silenzio della Francia (sul caso Regeni, ndr.), “il cui presidente François Hollande si recherà lunedì al Cairo per firmare un accordo sulle armi da 1,1 miliardi di dollari”. Il viaggio del presidente francese era per un pacchetto da 2,5 miliardi su diversi settori.
Nondimeno è stato il vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel, il quale si era recato in Egitto pochi giorni dopo con 120 imprenditori per firmare interscambi da 5 miliardi.
Sarà ora da vedere a quale misura simmetrica ricorrerà l’Egitto, paese con cui l’Italia ha interscambi, specie per l’energia e le costruzioni, di oltre 5 miliardi di euro.
Quanto approvato in Senato è quindi solo un gesto retorico, importante per dare il segnale che c’è attenzione sulla questione ma del tutto inutile nella praticità, anzi, dannoso nel momento in cui l’aviazione egiziana è impegnata attivamente nella lotta al terrorismo: gli F-16 egiziani hanno colpito in più volte l’Isis in Libia, e controllano il proprio territorio dove il rischio di espansione dello Stato Islamico è concreto, con Ansar Beit al-Maqdis, aderente all’Isis, che già occupa parte del Sinai.
Al di là delle quisquilie politiche e dei battibecchi dei parlamentari, correttamente in Senato Maurizio Gasparri ha obiettato che “La verità sul caso Regeni è un diritto dell’Italia e la pretendiamo. Ma questa decisione di negare pezzi di ricambio per i caccia impiegati contro lo Stato Islamico è un’assurdità”; il forzista Paolo Romani ha esclamato che “Non si fa così la politica estera, la lotta al terrorismo con l’alleato egiziano non la faremo mai”: i pezzi di ricambio, prodotti da aziende italiane, ora arriveranno da altri paesi, mentre sarà più complesso per gli italiani trovare altri acquirenti.
Ne risulta che il voto del Senato sull’”emendamento Regeni” (come è stato chiamato) è del tutto inutile, se non dannoso, e, come correttamente fa notare il senatore Carlo Giovanardi, stabilisce a priori la colpevolezza del governo egiziano.