Russia: la Duma proclama Putin zar a vita. Ne parliamo con Giorgio Cella

a cura di Francesco Cirillo

Il 10 Marzo la Duma, il Parlamento russo, ha approvato un emendamento che elimina il limite di due mandati per la presidenza della Federazione Russa. Nel suo discorso ai deputati il presidente russo Vladimir Putin aveva chiesto di bocciare l’emendamento, ma non è stato così. E lo “zar” potrebbe guidare il paese fino all’età di 82 anni.
Cosa sta succedendo nei palazzi del potere della Russia? Lo abbiamo chiesto a Giorgio Cella, Ph.D presso l’Università Cattolica di Milano e analista presso la NATO Defense College Foundation. Cella è anche collaboratore per Limes e dal 2019 ha iniziato le attività come osservatore elettorale internazionale per l’OSCE.

– Nella crisi del Covid-19 la Duma russa approva un emendamento che elimina, in caso di approvazione al referendum di aprile, i limiti di due mandati per la presidenza della Federazione. Sembra la volontà di concedere ulteriormente altri due mandati all’attuale leader della Russia. È così?
“Prima di addentrarci nelle specifiche questioni relative a tale controversa riforma costituzionale, è necessario dare un breve sguardo propedeutico al contesto interno della Federazione. Le luci mediatiche sul sistema socioeconomico interno russo, tra crisi siriana e esplosione Covid-19, si sono ultimamente affievolite nonostante una serie di dinamiche dovrebbero suggerire un’attenzione financo maggiore, vediamole in breve. La Russia negli ultimi mesi sta attraversando una fase economica interna delicata, la quale non fa che sottolineare, tra l’altro, quella annosa dicotomia che ha contraddistinto la realtà russa in molteplici fasi dell’era post-sovietica: da un lato una incisiva azione politico-militare esterna, dall’altro una situazione socioeconomica interna spesso traballante o, in talune fasi, prossima all’instabilità e alla stagnazione. La situazione corrente, in specie sul fronte economico, con le conseguenze sociali che può portarsi dietro, sta (di nuovo) prendendo una brutta piega. In effetti il crollo preoccupante del rublo legato alla crisi del greggio, a seguito del pesante contrasto tra Mosca e il cartello dell’OPEC e Riyad, da cui in Russia tutto dipende e tutto è legato, dal welfare ai prezzi ai salari ecc, sta facendo tornare un’infausta aria di crisi. Oltre a quanto fin qui detto, lo spettro di Covid-19 che, senza sapere l’entità dei contagi, si aggira anche per la Russia. È in un tale contesto che si inserisce questa riforma (forzatura?) costituzionale. Una riforma che ci indica come purtroppo gli auspici occidentali per quell’agognata apertura più democratica (verso la Rule of Law) appare sempre più lontana e una sinistra similitudine con il cammino scelto per la Cina di Xi Jinping si palesa. In conclusione, se Putin, e il sistema che lo sostiene, ha deciso di rimanere al comando sul lungo periodo, significa che il potere russo non vede nessun appeasement all’orizzonte con l’occidente né con l’America di Trump. Il sistema ha voluto che l’uomo della rinascita imperiale russa rimanga al timone, e ciò significa che evidentemente vi possano essere scenari futuri non rosei, per così dire”.

– Negli ultimi mesi questo processo di riforma costituzionale ha visto le dimissioni del governo di Medvedev, ma la sostanza è rimasta la stessa, visto che ministri come Sergej Lavrov e Sergej Shoigu sono stati riconfermati?
“Sembra ragionevole cominciare col dire che tale cammino di riforma costituzionale fosse plausibilmente nei piani del Cremlino già da tempo, e che la combinazione corrente delle condizioni internazionali insieme a quelle domestiche, ne abbiano velocizzato processo. Per quanto concerne le dimissioni del sempre meno popolare Medvedev, risulta arduo identificare una chiara motivazione apparente. Appare più come una mossa di facciata in accordo con il presidente: un modus operandi che, del resto, non sarebbe nuova tra i due. Relativamente ai nomi dei ministri da Lei citati invece, si tratta di personalità a mio avviso inamovibili dalla struttura corrente del potere russo, almeno fino a quando il sistema putiniano reggerà le sorti della Russia. Sia Lavrov che Shoigu hanno dalla loro, oltre ad una solida reputazione di cui godono nell’endroit politico domestico e internazionale, significativi risultati della loro azione politico-diplomatica da un lato e militare dall’altro, e non sarà certo una in fieri riforma costituzionale a incrinare la loro consolidata posizione“.

– Quale sarà il ruolo dei vertici militari e dei servizi segreti, in modo indiretto, di questo processo di riforma?
“I servizi segreti (FSB) come i servizi segreti militari (GRU) sono realtà antiche e intoccabili in Russia, che trascendono le mere fasi politiche e storiche e i loro transeunti protagonisti: sono istituzioni temute e rispettate nella società come nello Stato russo. Le riforme in corso non andranno sicuramente a scalfire in qualche modo lo status e il potere, vastissimo e capillare, di tali apparati. I vertici militari e l’insieme delle agenzie di intelligence sono sinonimo dello Stato, in Russia; non scordiamoci mai da quale ambiente arriva lo stesso Vladimir Putin. Fatta questa premessa, il rafforzamento delle prerogative del Consiglio di Stato previsto dalla riforma costituzionale in corso, organo costituito dai capi dell’esercito e delle agenzie di sicurezza, potrà se mai portare ad un ulteriore potenziamento dei servizi di sicurezza in seno all’architettura del potere russo, anche in vista di potenziali, futuri tumulti di piazza o delle opposizioni“.

– Le dimissioni di Vladislav Yuryevich Surkov, definito il Richelieu del Cremlino, sono parte di questo periodo di transizione che il presidente Russo ha iniziato da gennaio del 2020?
“Per rispondere alla sua domanda devo prenderla un po’ da lontano. Mi spiego. Le dimissioni date da Surkov sono state viste con una certa sorpresa da molti media occidentali, una sorpresa però, mi consenta di dire, figlia di una qualche esagerazione sul ruolo di quello che, per l’appunto, taluni financo apostrofarono, in modo pittoresco, Richelieu del Cremlino o eminenza grigia di Putin. Una percezione mediatica un po’ sfalsata dalle reali gerarchie e dinamiche del potere russo; situazione similare a quella che si ebbe al tempo con la figura del filosofo e geopolitico Alexander Dugin, spesso ritratto come voce preminente nei circoli di pensiero vicini Cremlino. Le cose non stavano, ne stanno esattamente così in realtà. Detto ciò, non si vuol certo sminuire la brillante personalità e la rilevanza avuta negli anni dal politico dai natali ceceni; pensiamo al suo ruolo nella gestione del dossier ucraino, nella crescita del movimento NASHI o di quello dello stesso partito di governo Russia Unita, così come nella definizione politologica del sistema putiniano da lui notoriamente definito una ‘democrazia sovrana’ (suverennaya demokratiya). Tra l’altro, proprio all’interno di questo nuovo rimpasto dei poteri tra gli organi di Stato, non è certo, ma non è nemmeno da escludere, che egli possa ritornare in altri ruoli, forse non apicali come in passato, magari nel sopramenzionato Consiglio di Stato. Da ultimo, concluderei dicendo che la storia di Putin ha avuto ed avrà le sue stagioni; Surkov, è stata una figura funzionale alla fase aurorale e di consolidamento del putinismo; ora, evidentemente, non lo è più, e questo è stato plausibilmente anche il ragionamento dello stesso Putin che ha portato alla sua rimozione“.

Sergei Lavrov. (Foto Notizie Geopolitiche).
– Le riforme manterranno l’attuale sistema nonostante le riforme puntano a limitare i poteri esecutivi della Presidenza Russa?
“Se per ‘sistema’ si intende la forza decisionale centralistica legata a Vladimir Putin, risponderei in modo affermativo. Piaccia o no, la cosiddetta, in ambiti politologici anglosassoni, power vertical, ha consentito alla Russia quel dinamismo nella catena di comando a fronte di crisi geopolitiche in cui Mosca aveva interessi strategici, assicurandone una certa efficacia, e i vertici del potere russo ne faranno difficilmente a meno. Sul processo di riforma aleggiano tuttavia ancora vari dubbi, e bisognerà anche vedere quale sarà la reazione della società russa, ove tra le fasce più giovani, esiste un certo malessere e stanchezza di fronte alle ennesime manovre del sistema. Al netto di ciò, che il sistema rimanga tale, magari con qualche variazione di facciata, lo si può intendere chiaramente dalle recenti dichiarazioni dello stesso Putin, che ha recentemente affermato come per la Russia ‘l’alternanza di potere è ancora un lusso, e che, esiste la democrazia parlamentare, un giorno il potere sarà meno personalizzato, ma per ora non fa per noi’. Credo che queste due citazioni del presidente russo siano la risposta più cristallina possibile alla sua domanda“.