Schengen. Ancora proteste il mancato accoglimento di Romania e Bulgaria

di Guido Keller

Continua a destare amarezza a Sofia e a Bucarest il mancato accoglimento nell’area Schengen, dopo un decennio di tentativi e di operazioni diplomatiche per entrare a pieno titolo nell’area di libera circolazione delle persone e delle merci.
Oggi ne fanno parte 23 paesi dell’Unione su 27, a cui si aggiungono Norvegia, Svizzera, Liechtenstein e Islanda, ma nonostante le raccomandazioni del Parlamento europeo e della Commissione, a mettersi di traverso al Consiglio Giustizia e Interni all’entrata nell’area Schengen di Romania e Bulgaria sono state Austria e Olanda. Il governo di Vienna ha puntato il dito contro i flussi migratori, per cui sarebbero quasi 100mila quest’anno i migranti provenienti da est arrivati in Austria dopo essere transitati dai territori bulgari e romeni: non sarebbe stata rispettata la norma dell’accoglienza e della gestione delle domande di asilo nei paesi di primo approdo, ed il ministro austriaco dell’Interno Gerhard Karner ha fatto notare che si tratta nella quasi totalità di illegali; per il governo olandese invece continua ad esserci un problema concreto di corruzione sia in Romania che in Bulgaria, cosa che inficerebbe ad esempio la libera partecipazione agli appalti pubblici.
A protestare apertis verbis contro la decisione del Consiglio europeo Giustizia e Interni è stato il presidente Klaus Iohannis, il quale ha parlato di “un veto, quello austriaco, deprecabile, ingiustificato e inspiegabile. Il ministero degli Esteri di Bucarest ha convocato l’ambasciatore austriaco, mentre quello romeno a Vienna è stato richiamato per consultazioni. Il ministro dell’Interno, Lucian Bode, ha addirittura affermato che a godere dell”ingiusto” trattamento riservato dall’Ue alla Romania sarà la Russia, mentre il premier Nicolae Ciuca si è limitato ad affermare che in numeri fornit dall’Austria sono “inesatti”, ma da Bucarest è trapelata una mezza minaccia di revisione delle relazioni bilaterali, cosa che in chiave europea appare del tutto dissonante.
Stessa musica dal ministro dell’Interno bulgaro Ivan Demerdzhiev, che ha parlato di “dialogo che deve continuare” magari per un ripensamento nel 2023, ma che ha buttato lì non ben definite “contromisure”.
Dal 1 gennaio entrerà invece nell’area Schengen la Croazia, la quale ha aderito all’Ue solo nel 2013: un ulteriore colpo per Bucarest e Sofia, entrate nella Casa comune già nel 2007.