Senegal, anche il baluardo politico dell’Africa Occidentale è in crisi

di Giulio Ciofini * –

Il Senegal, da tempo considerato un baluardo di stabilità politica nell’Africa Subsahariana ed il punto d’ingresso nell’Africa Occidentale, è stato recentemente scosso da una serie di violente proteste che hanno sollevato preoccupazioni a livello internazionale. Questi scontri, scatenati dalla condanna penale del leader dell’opposizione Ousmane Sonko, hanno messo in luce le crescenti tensioni politiche nel Paese e hanno sollevato interrogativi sulla sua stabilità futura. Sonko è stato condannato a due anni di carcere con l’accusa di “corruzione della gioventù” compromettendo così le sue possibilità di candidarsi alle elezioni presidenziali del prossimo anno. La sentenza ha scatenato una serie di manifestazioni violente in tutto il Paese, che hanno portato alla morte di almeno 23 persone e a 500 arresti, secondo il Ministro dell’Interno, Antoine Diome.
Corruzione della gioventù, la sentenza di Sonko – Il leader di PASTEF era stato inizialmente accusato di stupro nei confronti di Adji Sarr, massaggiatrice ventenne dalla quale Sonko era solito recarsi. Ad ogni modo i capi d’accusa di violenza sessuale e minacce di morte sarebbero poi stati cambiati nella sopracitata “corruzione dei giovani”, un cambiamento di imputazione che rende la sentenza incomprensibile.
Sonko, è attualmente agli arresti domiciliari in attesa di sapere se sarà o meno prelevato dalle forze di polizia per scontare la sua pena in carcere, evento che porterebbe le violenze ad esplodere nuovamente. La condanna infatti è stata particolarmente esacerbata dalle voci sempre più insistenti che vorrebbero il presidente Sall intenzionato a scendere in campo anche per un terzo mandato nel febbraio del 2024 andando così a superare il limite posto dalla costituzione. Prospettiva che andando avanti si fa sempre più plausibile. Nel frattempo gli avvocati di Sonko avrebbero presentato un documento di 168 pagine in Francia per il Tribunale Penale Internazionale dell’Aia denunciando il presidente Macky Sall e altri di “crimini contro l’umanità”, definendoli responsabili di più di 50 morti dal 2021 ad oggi, comprese le 23 vittime accertate nei primi giorni di giugno.
Il paradosso politico di Macky Sall – La vicenda di Sonko non è comunque nuova nel panorama senegalese. Nel marzo 2021 a Dakar c’erano stati gravi scontri dopo l’arresto di Sonko. Le violenze però in quel caso si erano abbattute sui simboli della presenza francese in Senegal, dalle stazioni di servizio della Total ai supermercati della catena Auchan, segno di un forte malcontento nel paese. Le accuse che l’opposizione ha mosso nei confronti di Sall risiedono nell’incapacità da parte del governo durante i due mandati di creare posti di lavoro, in una rampante inflazione che sta indebolendo il potere d’acquisto della popolazione e nel debito pubblico la cui traiettoria ascendente continua senza sosta.
Il paradosso odierno che circonda la democrazia senegalese riguarda proprio il momento di ascesa di Macky Sall, quando nel 2012 la società civile si era mobilitata con successo contro il tentativo del presidente Abdoulaye Wade di farsi eleggere per un terzo mandato.
Eliminando Sonko dalla corsa il presidente ha rafforzato il timore che voglia imporsi con la forza. Il capo dell’opposizione, infatti, è particolarmente scomodo per il consenso che è stato in grado di costruire presso le fasce giovani della popolazione – ma non solo – presentandosi come difensore degli interessi della nazione, contro quelli di paesi terzi come la Francia e denunciando l’attuale governo di corruzione, uso improprio di fondi pubblici e delle risorse minerarie e petrolifere del Paese in favore delle multinazionali provenienti da Paesi stranieri, soprattutto occidentali. Sonko è diventato, dunque, il baluardo degli interessi nazionali contro le politiche predatorie occidentali, ottenendo il sostegno e la benevolenza delle masse; un trend che lo aveva condotto nel 2019 ad ottenere il terzo posto alle presidenziali.
La comunità internazionale ha risposto con preoccupazione agli eventi. Il portavoce del Segretario Generale delle Nazioni Unite, la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale (ECOWAS) e il presidente della Commissione dell’Unione Africana hanno condannato la violenza e hanno chiesto a tutte le parti di esercitare moderazione. Hanno inoltre esortato le autorità senegalesi a rispettare i diritti di libertà di espressione e di riunione. La vicenda in questione non può passare in sordina perché sta destabilizzando la politica del Paese ed è destinata a incidere anche sul futuro della nazione: i giovani senegalesi, infatti – che costituiscono il 60% della popolazione – non accetteranno un terzo mandato di Sall, mentre il loro rappresentante è agli arresti. Le proteste e l’instabilità sono, dunque, destinate a protrarsi coinvolgendo anche gli interessi dei partner del Senegal, a partire dalla Francia.

* Autore per l’Area Tematica “Africa Subsahariana” di Mondo Internazionale Post.

Articolo in mediapartnership con Giornale Diplomatico.