Siria. Risoluzione Onu per fermare i massacri a Ghuta. Già violata

di C. Alessandro Mauceri

La tregua imposta dalle Nazioni Unite non basta per fermare la strage di civili in Siria.
Da alcuni giorni, i media sono invasi dalle foto di bambini massacrati dai bombardamenti in Siria. Foto strazianti che non bastano a far comprendere qual è realmente la situazione in cui vivono i siriani nel paese martoriato da anni di guerra inutile.
Il 23 febbraio, a causa del veto posto dalla Russia, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu aveva bocciato una risoluzione per ottenere un cessate il fuoco in Siria. L’opposizione era basata sul fatto che qualsiasi tregua non sarebbe applicabile nei confronti dei combattenti del sedicente Stato Islamico o per l’ex fronte al-Nusra, diramazione di al-Qaeda ed oggi Jabat Fatah al-Sham. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov aveva detto che la proposta deve necessariamente andare oltre ed escludere anche altri gruppi estremisti che cooperano con l’Isis e al-Nusra, e che sono responsabili di diversi bombardamenti nell’area di Damasco.
Nei giorni scorsi però Kuwait e Svezia hanno avanzato una nuova richiesta di tregua generale in Siria che parla di almeno 5.6 milioni di persone in oltre 1.244 comunità locali siriane in estremo pericolo. La proposta è stata supportata da Stati Uniti, Regno Unito e Francia che hanno chiesto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di imporre il cessate il fuoco non solo a Ghouta, ma in tutta la Siria. A seguito di ciò il Consiglio di Sicurezza Onu, forse anche sotto la pressione dei media internazionali, ha approvato all’unanimità una tregua di 30 giorni in Siria per permettere agli aiuti umanitari di portare aiuti alla popolazione locale e di evacuare i feriti specie a Ghouta, soprattutto nella parte orientale e nelle aree di Douma e Hamouriyeh dove gli incessanti bombardamenti hanno causato 500 vittime in una sola settimana.
Bashar Jaafari, rappresentante della Siria all’Onu, ha annunciato che la tregua non sarebbe stata del tutto efficace dato che il governo ha il diritto di difendere il suo territorio e di “combattere i terroristi, dovunque siano”, come del resto aveva preannunciato il rappresentate russo. E infatti, sebbene approvata all’unanimità (la risoluzione, era stata modificata su richiesta della Russia), la tregua non è durata nemmeno un giorno.
Il problema è che così come era stata pensata, la misura del CdS delle Nazioni Unite non si applica alle operazioni militari contro i gruppi terroristici dello Stato Islamico e di al-Qaeda. La tregua potrebbe servire (forse) solo per consentire l’evacuazione dei civili a Ghouta orientale e il trasporto di viveri e medicinali per la popolazione. E per rimuovere i cadaveri dei 500 civili morti nell’ultima settimana a causa dei bombardamenti.
Una guerra, quella in atto in Siria, che nessuno sa più perché è iniziata o perché la si continua a combattere. Non si sa nemmeno quanti sono i civili che hanno perso la vita durante gli scontri. Secondo l’Osservatorio dei diritti umani in Siria, organizzazione vicina alle opposizioni e con sede a Londra, sono 465mila morti dall’inizio del conflitto (fino alla metà del 2017). Di questi le vittime civili dovrebbero essere 96.073, di cui 17.411 minori e 10.847 donne. Ma stando ai dati di un’altra organizzazione umanitaria, il Syrian network for human rights, la situazione sarebbe diversa: nel report pubblicato nel 2017 i morti tra civili sarebbero molti di più, ben 206.923, di cui 24.799 bambini.
Decine, centinaia di migliaia di morti di cui, fino ad ora, pochi hanno parlato. Almeno fino a quando non è stato necessario far approvare al CdS delle Nazioni Unite una (forse inutile) risoluzione.