Tibet. 63esima auto-immolazione

di Guido Keller –

Un altro tibetano si è dato fuoco oggi in segno di protesta per l’occupazione da parte della Cina della propria nazione, avvenuta nel 1950: si tratta della 63esima vittima dal 2009, la quale ha compiuto il terribile gesto nella provincia cinese del Qinghai, nella regione che i tibetani chiamano Amdo.
Pechino ha più volte accusato il Dalai Lama, che vive in esilio in India, di ispirare le immolazioni, ma il governo tibetano in esilio ha respinto le accuse sostenendo che è semmai la Cina ad essere  responsabile della dura repressione che è di ostacolo all’autonomia ed alla libertà religiosa dei tibetani, cosa per cui in diversi protestano uccidendosi con il fuoco.
Delle 62 vittime precedenti a quella di oggi, 54 erano uomini, per lo più giovani monaci tibetani, ed 8 le donne; in 52 sono morti in seguito alle ustioni, mentre degli altri si pensa siano in ospedale sorvegliati dalle Forze di sicurezza.
L’errore storico della Cina di occupare la vasta regione montagnosa del Tibet si evidenzia sempre più man mano che prendono contorno le grandi incongruenze del sistema cinese: per la politica interna, lo sfruttamento della classe operaria e il forte divario fra il ricco ed il povero, frutto del paradossale miscuglio di comunismo e capitalismo; sul fronte esterno, l’aggressione economica dell’Africa, che, de facto, sta gradualmente diventando una colonia cinese. Nonostante l’invasione del Tibet, la Cina non si è fatta neppure problemi nel rinfacciare la storia della guerra sino-nipponica a Tokyo in merito all’attualissima contesa sulle isole Senkaku, ma sembra proprio che dalle partiti di Pechino l’incoerenza sia di casa.