Trump toglie all’Italia l’esenzione all’importazione di petrolio dall’Iran

Sale il prezzo dei carburanti.

di Enrico Oliari

A partire dal 2 maggio l’Italia, ma anche la Grecia, il Giappone, l’India, la Corea del Sud, la Turchia, Taiwan e la Cina, non potranno più godere delle esenzioni Usa sul blocco dell’importazione di petrolio dall’Iran. Lo ha deciso l’amministrazione di Donald Trump per “portare a zero le esportazioni di petrolio dell’Iran e quindi negare al regime la sua prima fonte di reddito”.
Dopo aver abbandonato l’accordo sul nucleare iraniano (Jpcoa) sottoscritto nel 2015 dal suo predecessore Barak Obama, Trump, che è stato eletto grazie al sostegno fondamentale delle potenti lobby sioniste statunitensi, sta tentando di isolare la Repubblica Islamica facendo pressione sugli alleati. L’occasione per recedere dal Jpcoa, iniziativa comunque non seguita dagli altri paesi a cominciare dall’Unione Europea, gli era arrivata nel settembre 2017, quando gli iraniani avevano testato “con successo” un missile “Khorramshahr”, con una gittata di 2mila km. Si trattava di un missile convenzionale e come tale escluso dall’accordo sul nucleare, ma per Trump era il casus che aspettava per imporre sanzioni e fare pressioni sugli alleati. Da notare che gli ispettori dell’Aiea, l’agenzia atomica, hanno sempre confermato il pieno rispetto dell’accordo da parte dell’Iran.
Il comunicato di Washington riporta tuttavia che gli Usa hanno concordato con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti un aumento della produzione di greggio per compensare la mancanza di forniture dall’Iran.
Tuttavia l’impatto sul prezzo dei carburanti alla pompa è praticamente scontato, e già il costo del greggio è al massimo da 6 mesi con il Wti a 65,80 dollari al barile (+2,81%) e il Brent a 74,28 dollari al barile (+ 3,3%).
Proteste dalla Cina, paese che con l’India è tra i principali importatori di petrolio dalla Repubblica Islamica: il portavoce del ministero degli Esteri Geng Shuang ha detto che il governo cinese si oppone “alle sanzioni unilaterali e alla giurisdizione ad ampio raggio”, e che “proteggerà” gli accordi siglati fra il suo paese e l’Iran in materia di petrolio in quanto “ragionevoli e legittimi”.
Stessa cosa per quanto riguarda la Turchia, paese che ha frizioni in atto con l’amministrazione Trump: il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu ha respinto “le imposizioni su come condurre i rapporti con i vicini”, ed ha affermato che l’iniziativa di Wasington “non giova alla pace ed alla stabilità regionale”.