Ucraina. Nessuna linea rossa: il rischio dell’impiego dell’arma nucleare

di Marco Corno

Dopo oltre settant’anni di pace, l’Europa rischia di sprofondare in una nuova guerra mondiale con il rischio di escalation nucleare. La guerra russo-ucraina si è trasformata in pochi mesi da guerra regionale tra Kiev e Mosca a guerra quasi diretta tra Stati Uniti e Russia. Il vertice di Ramstein del 26 aprile, convocato da Washington, è stato uno spartiacque sul futuro del conflitto: il fallimento dell’operazione lampo del Cremlino e il coinvolgimento nel supporto logistico-militare dell’Ucraina da parte americana, oltre che degli alleati europei, anche di paesi anglosassoni dell’Indo-Pacifico come Australia, Nuova Zelanda e paesi africani come il Kenya, lo hanno reso di fatto una guerra mondiale combattuta nell’ex repubblica sovietica. Inoltre da un punto di vista militare-economico, lo spazio euro-atlantico (NATO ed Unione Europea) è diventato da quel momento un enorme campo di addestramento che sta concentrando sempre di più le proprie forze sul contenimento della Russia.
L’eccellente controffensiva ucraina di inizio settembre sul fronte di Kharkiv, previa distrazione delle forze russe sul fronte di Kherson, ha avviato una nuova fase della campagna militare, non meno pericolosa delle precedenti, dato che la dura sconfitta tattica della Russia ha messo ulteriormente in difficoltà il Cremlino che pur di non perdere ricorre a scelte drastiche.
La mobilitazione parziale di 300 mila uomini e l’annessione dell’oblast di Kherson e del Donbass da parte di Putin serve ad alzare la posta in gioco, e mettere l’occidente di fronte ad un bivio: accettare il fatto compiuto in Ucraina e avviare trattative diplomatiche oppure aumentare le probabilità di un’escalation atomica. Infatti, con il referendum sull’annessione delle zone ucraine occupate il Cremlino “riconosce” tali territori come russi, affermando che massicci attacchi militari contro quest’ultimi saranno considerati attacchi diretti contro la Russia.
Il minimo margine di dialogo, che si era aperto a seguito di questa decisione, è stato subito respinto da Kiev che considera il momento propizio per cercare di avanzare il più possibile e ambire a liberare completamente il paese dall’occupazione russa, riportando i confini pre-2014. Tale scelta politica è influenzata probabilmente da due timori: il primo, un’eventuale tregua con Mosca potrebbe causare l’interruzione immediata del supporto militare a Kiev da parte di diversi stati europei (Italia, Germania, Francia, Spagna, Austria, Ungheria, Belgio, Norvegia e Grecia) più riluttanti a continuare ad alimentare la guerra nel medio-lungo periodo. Il secondo, il regime ucraino sospetta che, in caso di tregua, alcuni paesi dell’Europa orientale possano avviare “trattive segrete” con la Russia per una spartizione di influenza dei territori occidentali ucraini.
La soluzione nel medio periodo sembrerebbe essere quindi solamente manu militari e fatti come il sabotaggio al gasdotto Nord Stream 1 e 2, segnalano che non solo il conflitto si sta estendendo oltre il confine ucraino ma anche che le parti belligeranti sono disposte a colpite le infrastrutture strategiche dei rispettivi avversari.
Alla situazione geopolitica attuale si è aggiunta anche la possibilità di utilizzo di armi nucleari tattiche da parte di Mosca che differiscono da quelle strategiche proprio perché possono essere utilizzate a differenza di quest’ultime sul campo di battaglia in specifici contesti per rovesciare a proprio favore le sorti di una battaglia e compensare il divario militare e logistico nei confronti del proprio avversario.
Un attacco su larga scala da parte ucraina alla base militare di Sebastopoli in Crimea, nel Donbass, oppure un eccessivo arretramento russo, potrebbero essere alla base di una reazione nucleare da parte di Mosca. In quel caso il Cremlino condurrebbe l’attacco in Galizia, la regione più occidentale dello Stato ucraino confinante con la Polonia, in modo da arginare il più possibile gli effetti collaterali dell’esplosione, colpendo allo stesso tempo la logistica e i rifornimenti occidentali al paese, infliggendo un tremendo colpo psicologico alla comunità euro-atlantica e all’opinione pubblica sull’utilità di continuare il conflitto.
Un altro possibile impiego dell’arma nucleare da parte dell’intelligencija russa sarebbe a seguito dell’entrata accelerata dell’Ucraina nella Nato che potrebbe essere preceduta da un’occupazione temporaneamente del corridoio polacco di Suwalki da parte russa, che isolerebbe i paesi baltici dal resto della Nato, con il fine di fare pressione sulla comunità atlantica affinché blocchi l’adesione ucraina.
Altro fattore che potrebbe aumentare la probabilità di utilizzo di armi nucleari tattiche da parte di Mosca è la disintegrazione di tutte le linee rosse tra Washington e Mosca che rendono il contesto geopolitico ancora più imprevedibile e pericoloso: è sufficiente un’incomprensione o un equivoco per scatenare una guerra su vasta scala. Le linee rosse stabilite dagli USA e dall’URSS durante la Guerra Fredda (1946-1991) avevano permesso di mantenere il cosiddetto “equilibrio del terrore” in Europa. Le due super potenze si capivano, si rispettavano e conoscevano i limiti che entrambe non dovevano superare e, qualora fosse successo, si impegnavano a trattare e negoziare prima di passare all’utilizzo della forza.
Al giorno d’oggi il quadro geopolitico che si delinea sembrerebbe essere più simile a quella della prima guerra mondiale (1914-1918). Così come oggi, nella prima parte del XX secolo le cancellerie europee e le rispettive opinioni pubbliche erano convinte che la guerra sarebbe stata breve e “indolore”, non prevedendo al contrario che si sarebbe trasformata in una logorante guerra di trincea che sarebbe durata anni e avrebbe causato la morte di milioni di persone.
La Russia non può permettersi di perdere la guerra a causa degli enormi interessi geostrategici in palio (si veda l’articolo “Ucraina: una bomba pronta ad esplodere“) e se dovesse effettuare un attacco atomico in Ucraina, si potrebbe assistere l’intervento diretto dell’esercito statunitense e di alcuni alleati a fianco di quello ucraino contro quello russo.
Stati come la Polonia, sebbene l’esplosione avvenisse al di fuori dell’Unione Europea e della NATO, potrebbe comunque invocare l’articolo 5 dell’Alleanza Atlantica, considerando le radiazioni, che colpirebbero il proprio paese, un attacco diretto al proprio territorio.
Se nel 2014 il vaso di pandora ucraino è stato scoperchiato, il 24 febbraio è caduto in mille pezzi e ha innescato una spirale di violenza che oramai è fuori controllo. Forse lo spettro nucleare ha avviato una timida trattativa tra Washington e Mosca, quantomeno sulle linee rosse, ma tante sono le incognite da chiarire.
L’unica certezza è che il continente europeo dal 24 febbraio è cambiato per sempre e il conflitto porterà la storia dei popoli europei indietro di più di cento anni e siamo a meno cinque da mezzanotte.