Ucraina. Per Biden i russi attaccheranno il 16 febbraio. Ma Putin non lo sa

di Dario Rivolta * –

Come si può non ammirare Joe Biden? C’è chi lo ammira per la sua ingenuità politica che lo spinge ad accumulare una gaffe dopo l’altra. Chi perché, comunque, è il presidente dello Stato più importante del mondo. Chi perché ha una così lunga presenza nel Senato americano che qualche qualità deve pur averla. Io ne sono entusiasta perché sono convinto che abbia la dote della chiaroveggenza.
Sarebbe difficile spiegare altrimenti come, pur avendo Biden dichiarato che lo stesso Vladimir Putin non lo ha ancora deciso, lui da Washington, sa già che la Russia invaderà l’Ucraina esattamente il 16 febbraio. Può anche darsi che glielo abbia confidato la CIA grazie ai suoi infiltrati travestiti da generali russi ma, pure se così fosse, è solo merito suo aver deciso di rivelarlo al mondo e in particolare averlo anticipato a noi europei.
Se quanto divinato dal presidente americano si realizzerà (e lo vedremo tra pochissimo) diventa probabile che chi potrebbe non essere all’altezza dell’incarico che ricopre è Putin e non altri. Dopo aver scatenato le truppe russe verso un Paese di cinquanta milioni di abitanti sparpagliati in un’immensa pianura non basterebbero centomila uomini per controllare tutto un territorio che per la metà resterebbe ostile. Il problema di questa guerra non sarebbe di arrivare a Kiev, cosa che richiederebbe non più di quattro o cinque giorni, ma le difficoltà che seguirebbero. Si tratterebbe infatti non solo di affrontare una reazione negativa di quasi tutto il mondo, ma soprattutto di trovarsi a sopportare sanzioni economiche particolarmente pesanti sia dal punto di vista finanziario sia per il commercio delle proprie materie prime. Anche i Paesi europei più dialoganti, seppur malvolentieri, sarebbero costretti ad adeguarsi ai diktat americani e i tedeschi non potrebbero più giustificare come un’operazione “puramente economica” l’utilizzo del gasdotto North Stream II. Di certo entrambe le parti, sia l’Europa sia la Russia, dovrebbero affrontare conseguenze molto negative ma è probabile che chi ne soffrirebbe di più sarebbe proprio Mosca che diventerebbe ancora maggiormente dipendente dalla benevolenza di Pechino.
A parte tutto questo perché mai Putin dovrebbe volere sobbarcarsi direttamente l’onere di un Paese sprofondato da anni in una pesante crisi economica e vittima di oligarchi locali mai paghi delle ricchezze accumulate sulle spalle di ucraini costretti a emigrare per far sopravvivere le proprie famiglie? Il vero obiettivo dei russi non è inglobare l’Ucraina nella Federazione ma affermare una volta per tutte che è finito il momento in cui la Russia subiva ogni attentato al proprio ruolo di potenza senza reagire. E soprattutto impedire un nuovo allargamento della NATO che, con l’ingresso dell’Ucraina, arriverebbe a poche centinaia di chilometri dalla capitale senza alcun “cuscinetto” nel frammezzo.
Una guerra tuttavia non si può totalmente escludere, ma non sarà Mosca a fare la prima mossa. Dagli Stati Uniti si parla di possibili “provocazioni” create ad arte da Putin per giustificare un intervento militare. Eppure, anche in questo caso se “provocazioni” ci saranno chi ha più interesse a scatenarle sarebbero proprio gli ucraini. Un attacco da parte russa, qualunque sia la motivazione formale, obbligherebbe tutto l’Occidente a confermare in tutti i modi possibili la solidarietà verso Kiev e verso il suo attuale governo.
Dal Cremlino si parla di “isteria” americana nel continuare ad accusare la Russia di preparare la guerra e Putin e i suoi ripetono di non averne alcuna intenzione. Oggettivamente sarebbe la prima volta che una guerra si prepari con tanto clamore, tanta pubblicità e con sufficienti mesi di anticipo tali da consentire al presunto nemico di apprestare tutte le difese possibili. Quel che nessuno può negare è che il movimento delle truppe vicino ai confini costituisca una minaccia esercitata come avvertimento in quel gioco di poker di cui ho parlato in un mio precedente articolo.
Ma se una vera guerra è così improbabile, perché gli americani continuano a parlare di reale pericolo d’invasione?
Ci sono almeno tre motivi che potrebbero spiegarlo. Il primo è che gli USA, oggetto di riprovazione e ridicolo dopo la vergognosa fuga dall’Afghanistan sentono la necessità di far sapere al mondo che, nonostante tutto, Washington conta ancora e vuole seguitare a dettare le regole. Il secondo è che il presidente Biden sta soffrendo di una crescente impopolarità interna e la maggior parte dei suoi obiettivi politici, annunciati con enfasi, si stanno infrangendo nel Senato e nel Congresso a causa di un’opposizione che trova echi positivi anche nel suo stesso partito. Come spesso succede, trovare un nemico esterno può servire a compattare gli amici all’interno.
La terza ragione è quella che più ci tocca da vicino. Dopo la presidenza Usa di Donald Trump nell’Unione Europea è sempre di più diffusa la convinzione che gli interessi americani e quelli europei si siano incamminati su una strada che non sempre è la stessa. Le dichiarazioni di Emmanuel Macron in merito a una “obsolescenza” della NATO sono soltanto l’esplicitare una convinzione che trova sempre più spazio tra molti leader del continente (che però non hanno il coraggio di affermarlo a voce alta). Tutti sono convinti che, almeno per ora, la NATO resti pur sempre l’unica forma di difesa armata su cui gli europei possono contare e la prospettiva di un’organizzazione autonoma che provveda alla difesa degli interessi dell’Unione è ancora lontana. Tuttavia il divario tra Washington e Bruxelles sta crescendo e la prospettiva di perdere l’ascendente sull’Europa preoccupa l’establishment americano. Soltanto la consapevolezza di un pericolo imminente può fermare questo cammino e “inventarsi” un pericolo russo diventa molto utile per ridimensionare le ambizioni di chi aveva cominciato a sognare una qualche indipendenza. Non importa se la Russia costituisca veramente un pericolo per i Paesi dell’Europa, ciò che conta è che lo si possa credere e che, soprattutto, tale idea pervada le opinioni pubbliche del nostro continente. Ecco, infatti, la martellante campagna in questo senso propagandata dai nostri media.
Se volessimo essere obiettivi (per quanto ciò possa dispiacere a molti), la verità è che i russi hanno ragione e nessuno sinceramente capisce per quale motivo, se non per “circondare” la Russia, l’Ucraina debba far parte della NATO. Dopo i Paesi Baltici e gli Stati dell’ex patto di Varsavia inglobare anche l’Ucraina completerebbe l’accerchiamento dell’”Orso”. Siamo così sicuri che a noi europei conviene di più una Russia “lontana” piuttosto che una reciprocamente vantaggiosa collaborazione con Mosca?
Qualcuno sostiene che se è la stessa Ucraina a volere aderire alla NATO e all’Europa e si deve assolutamente rispettare le sue scelte in nome della democrazia e delle sovranità nazionali. A costoro è bene ricordare che nemmeno i Paesi europei sono sempre liberi di decidere come comportarsi nel mondo senza tener conto delle conseguenze politiche dei propri atti e degli equilibri che si verrebbero a creare verso gli interessi di Paesi terzi. D’altra parte, se noi “democratici” fossimo così unilateralmente convinti, di là di ogni dubbio, che ogni Paese è libero di scegliere sempre e comunque tutto ciò che vuole, perché proprio gli USA arrivarono perfino a minacciare una guerra nucleare quando Cuba decise “liberamente” di ospitare missili sovietici a pochi chilometri dalle coste americane?

* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.