Un terzo Bush alla Casa Bianca: Jeb si candida alle primarie

di Manuel Giannantonio

Bush jebIl 62enne John Ellis Bush è un candidato che appartiene a una delle più potenti famiglie americane. Nel suo curriculum vanta un primo mandato da senatore della Florida riconfermato con il secondo mandato, aggiudicandosi il 51% delle preferenze, un’esperienza certamente significativa. Il suo punto debole resta il dibattito sulla riforma sanitaria.
Come Ronald Reagan e proprio come Bill Clinton più recentemente, può avvalersi di due mandati da governatore (1999-2007) in testa a uno degli Stati più pesanti demograficamente ed elettoralmente, la Florida. Nell’universo repubblicano, Jeb Bush figura come un intellettuale soprattutto moderato e lontano dalla deriva populista dell’onda Tea Party e dalla retorica contro gli immigrati della destra. Sua moglie, Columba è nata in Messico. Si tratta di un personaggio decisamente protagonista nelle campagne elettorali ed è visto da molti come il vero oppositore di Hillary Clinton, favorita nell’elettorato indipendente, non senza difficoltà tra i democratici.
Il denaro nella corsa verso l’investitura del partito repubblicano in queste elezioni è fondamentale. Lo insegnano le vittorie precedenti nel corso della storia politica del paese, come quella schiacciante nelle ultime elezioni, dell’ex governatore del Massachusetts, Mitt Romney, che grazie ai suoi milioni si è sbarazzato della concorrenz, soccombendo solo davanti alla conferma del 44° presidente americano, Barack Obama. Jeb può contare sull’appoggio del denaro famigliare, specialmente quello proveniente dall’industria petrolifera sostenuta da suo padre George Herbert Bush, presidente dal 1989 al 1993, e da suo fratello George Walker Bush, presidente dal 2001 al 2009. Questa forza finanziaria può fare la differenza, in fondo è il denaro che comanda. I media possono essere abilmente gestiti di fronte alla concorrenza più debole sotto questo aspetto, come il senatore Marco Rubio, il governatore del Wisconsin Scott Walker o Rand Paul, suoi rivali.
Le primarie repubblicane non sono l’elezione del presidente, ma designano un candidato con il 50% di possibilità di mettere piede alla Casa Bianca. Tuttavia il vero gioco si conduce nell’ala più conservatrice del partito repubblicano, che non ha smesso di radicalizzarsi negli ultimi anni sotto l’influenza dei movimenti religiosi del sud e tra i sostenitori del Tea Party. Nei sondaggi tra i possibili elettori circa il 70% si definisce repubblicano il resto si definisce conservatore. I suoi concorrenti, Ted Cruz, Rick Santorum e Micke Huckabee s’indirizzano all’elettorato conservatore ma prima di tutto religioso, mentre Rand Paul si rivolge ai populisti schierati contro Washington.
Il Tea Party ha già rifiutato la riforma dell’educazione voluta e sostenuta da Bush, troppo centralizzata, e la destra più estrema si oppone a qualsiasi riforma dell’immigrazione che comporterebbe regolarizzazioni. Atteggiamento che preoccupa Bush, deciso a conquistare un elettorato ispanico che fino ad oggi ha votato nella stragrande maggioranza per i democratici.
Il punto è quindi se gli americani vogliono davvero un terzo Bush alla Casa Bianca. Lo scorso fine settimana Jeb ha abilmente schivato le domande dei giornalisti incentrate sul peso che può avere il passato della sua famiglia sulla sua candidatura. Alcuni sono riusciti a chiedergli cosa ne pensasse della scelta di suo fratello di invadere l’Iraq nel 2003. Dopo averla approvata in prima battuta, ha successivamente corretto il tiro affermando che non avrebbe ordinato l’attacco contro l’Iraq.
Contrariamente a suo fratello, Jeb Bush è più il tipo giacca e cravatta e berretto da baseball. È visto come l’intellettuale di casa Bush e in senso più ampio della famiglia repubblicana. È sicuramente uno dei gli uomini più accreditati alla vittoria finale anche se dovrà rimboccarsi le maniche e lavorare molto per convincere l’elettorato. La lista dei suoi avversari propone uomini duri da battere.