Usa. Marijuana: corsa all’oro verde che non parte

di C. Alessandro Mauceri

marijuanaIl mercato delle droghe sembra essere un vero affare per alcuni Stati degli Usa (i cui conti correnti non sembra siano messi tanto meglio di quelli di molti Paesi europei). Prima la legalizzazione, poi la scelta di marchi con nomi famosi (come quello della famiglia Marley), infine campagne mediatiche rivolte a tempestare i potenziali beneficiari finali e a trovare nuove fasce di mercato. In molte televisioni negli Usa (ma anche sulla rete) sta andando in onda un filmato in cui vengono riprese tre donne di età avanzata, tre “nonne”, mentre provano a fumare marijuana per la prima volta nella loro vita. Il video (peraltro lungo e non privo di battute e gag a volte anche pesanti), è stato diffuso con lo scopo evidente di promuovere i nuovi prodotti e di invitare al consumo di droghe.
Pare proprio che la legalizzazione della vendita e del consumo degli stupefacenti abbia aperto nuove strade anche alla formazione di esperti di marketing. E questo nonostante il consumo di droghe continui ad essere illegale nella maggior parte degli Stati Uniti d’America. Recentemente la blasonata università di Harvard si è occupata della materia: a parlare del nuovo segmento di mercato è stato A. Quelch, già preside della London School of Economics e co-presidente della facoltà di marketing all’Harvard Business School. Per studiare il mercato, le sue caratteristiche e opportunità dal punto di vista “scientifico” ha condotto una ricerca dal titolo “Marketing Marijuana in Colorado”.
Ebbene alcuni risultati della ricerca sono stati sorprendenti: ad esempio, circa la metà della cannabis venduta ai consumatori “per scopi ricreativi”, viene commercializzata sotto forma di alimenti, dalle caramelle ai biscotti (!). Dall’analisi è emerso anche che, in questo momento, è in corso una vera e propria corsa per accaparrarsi “fette” di mercato anche differenziando i prodotti (per intensità e aroma). Pare poi che, negli ultimi mesi, si stia facendo avanti un esercito di “consulenti esperti del settore”: dagli avvocati (esperti nella tutela dei nuovi marchi), agli agronomi, agli agenti di sicurezza. E anche le gradi aziende, almeno stando ai risultati della ricerca, hanno “fiutato” l’affare: diversi grandi nomi del tabacco stanno studiando il mercato e soprattutto i prezzi (anche al fine di non rendere conveniente lo spaccio illegale). Proprio questo aspetto ha fatto emergere un dato sorprendente, almeno sulla base delle aspettative: le dimensioni del mercato potrebbero essere inferiori a quelli che ci si aspettava (e, di conseguenza, le entrate per le casse degli Stati).
Dopo l’annuncio della liberalizzazione della vendita di droghe, in alcuni Stati, si sperava in una nuova corsa all’oro verde. I dati invece dimostrano che il mercato potrebbe avere dimensioni inferiori a quelle sperate, ciò anche perché una percentuale rilevante degli acquirenti (il 40%) sarebbe da “turisti” provenienti da altri Stati o da altri Paesi dove il commercio delle droghe è illegale. A dimostrarlo è anche l’ultima iniziativa dei venditori americani: vista la crisi hanno deciso di anticipare i “saldi di fine stagione” e hanno creato il Green Friday (Venerdì Verde) con la vendita di droghe con sconti anche fino del 70%.
Un fuoco di paglia dovuto anche al fatto che, almeno in alcuni Stati, esiste l’obbligo dell’autoproduzione (a vendere devono essere gli stessi produttori di marijuana), cosa che ha inevitabilmente limitato l’interesse e il giro d’affari, come pure la quantità di denaro messo a disposizione dalle banche. Niente corsa all’oro, quindi, almeno fino a quando le leggi ed il mercato non permetteranno alle grandi multinazionali di scendere in campo.
Intanto, però, sempre la blasonata Harvard Business School ha pubblicato uno studio contenente una descrizione dettagliata degli effetti collaterali derivanti dall’uso di questi stupefacenti: danni alle funzioni cerebrali, cosa che che nei fumatori giovani dediti ad un uso pesante potrebbe portare alla diminuzione del quoziente intellettivo fino all’8%, ai ricoveri d’emergenza legati al consumo di questa droga.
Danni collaterali che hanno come conseguenza l’aumento dei costi per l’assistenza sanitaria, servizio che negli Usa è privatizzato e a pagamento e che quindi influisce sui consumi.
In altre nazioni, invece, come l’Italia, dove il Servizio sanitario è pubblico (e quindi pagato dalla comunità) e dove il Parlamento autorizza il commercio di tabacchi pur sapendo che “nuoce alla salute” e “provocala morte”, com’è scritto sulle confezioni, gli effetti collaterali dell’uso di droghe potrebbero non interessare.