di Enrico Oliari –
Il presidente del Vietnam, Nguyen Xuan Phuc, si è dimesso a seguito delle accuse mosse nei suoi confronti dai vertici del Partito Comunista di aver coperto numerose violazioni e illeciti commessi da funzionari sottoposti. Lo ha reso noto l’agenzia ufficiale Vietnam News Agency, la quale specifica che le dimissioni del 68enne presidente, in carica dall’aprile 2021 ed in passato primo ministro, ora dovranno essere portate all’Assemblea nazionale per essere convalidate.
Quanto sta accadendo appare tuttavia come un regolamento di conti ai vertici dello Stato, il quale su appoggia su quattro pilastri: il presidente, appunto Nguyen Xuan Phuc; il primo ministro, Pham Minh Chinh; il presidente dell’Assemblea nazionale, Vuong Dinh Hue; il segretario del Partito Comunista del Vietnam, Nguyen Phù Trọng. Già pochi giorni fa erano stati licenziati con accuse di corruzione due viceministri che erano stati nominati nel suo gabinetto, ma tradizionalmente si sa poco di ciò che avviene in un paese sigillato e governatore un regime monocratico, cioè dal Partito Comunista.
La Vietnam News Agency ha quindi riportato in modo stringato nel comunicato che Nguyen Xuan Phuc, “Pienamente consapevole delle sue responsabilità davanti al partito e al popolo, ha presentato domanda per dimettersi dagli incarichi assegnati, lasciare il lavoro e andare in pensione”.
Ancora non è dato sapere dichiarazione prenderà il suo posto.
Nonostante resti un paese socialista, il Vietnam si sta aprendo al mondo, e la sua economia è stata in costante crescita fino alla crisi pandemica, dove è scesa ma non si è contratta, fino a riprendere e oggi presentare un Pil in crescita per il 2023 fra il 6 e il 7%.
Nell’agosto 2020 l’Unione Europea e il Vietnam hanno sottoscritto un accordo di libero scambio e di tutela degli investimenti.