Violenza di genere in Europa: una “guerra contro le donne”

di Mariarita Cupersito –

“Una guerra silenziosa contro le donne”: così l’Istituto mediterraneo per il giornalismo investigativo (Miir) di Atene ha definito il fenomeno dei femminicidi all’esito di una recente inchiesta realizzata in collaborazione con 17 testate internazionali facenti parte dell’European data Journalism network.
Tra i dati emersi dalla ricerca, il cui scopo è realizzare una mappa aggiornata della violenza contro le donne in Europa, spiccano quelli successivi al periodo pandemico messi a confronto con quelli del 2019: come illustrato dalla giornalista MIIR Janine Louloudi e riportato da Il Sole 24 ore, la Grecia ha registrato il più alto aumento annuo di femminicidi, pari al 187,5% (da 8 episodi nel 2020 a 23 nel 2021), la Slovenia ha avuto un aumento del 100% nel 2020 e significativi incrementi di femminicidi si sono registrati anche in Italia e Germania.
Per quanto concerne l’Unione Europea, l’ultima pubblicazione ufficiale di dati relativi alla violenza di genere risale al 2018; l’European Institute for Gender Equality  (EIGE), incaricato di effettuare ricerche e seguire le politiche in materia di violenza contro le donne, ha lanciato un nuovo studio nel 2020 ma i risultati del rapporto transfrontaliero non saranno disponibili prima del 2024.
La difficoltà nel reperire i dati è anche dovuta al mancato riconoscimento del femminicidio come crimine a sé stante in molti ordinamenti giuridici europei; il dibattito su tale opportunità ha coinvolto diversi Paesi, ma attualmente solo Cipro e Malta hanno deciso di dare al femminicidio un riconoscimento legale. Negli altri ordinamenti sono previste, così come in Italia, aggravanti per la violenza domestica e sessuale, ma non c’è una specifica aggravante per la violenza di genere. A ciò si aggiunge, in molti casi, una mancanza di applicazione di norme esistenti.
Ad oggi sono 76 le donne uccise in Italia dall’inizio del 2023 da compagni o ex, e i dati sono allineati con quelli registrati nello stesso periodo lo scorso anno; cresce intanto l’indignazione non solo per i continui episodi di violenza contro le donne riportati dalla cronaca, ma anche per una serie di controverse sentenze di assoluzione (tra le più recenti, una sentenza del tribunale di Firenze con cui dei ragazzi sono stati assolti dall’accusa di stupro per “errata percezione del consenso” e un sentenza del tribunale di Roma con cui un collaboratore scolastico è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale aggravata perché il contatto fisico sarebbe durato meno di 10 secondi).
Mentre un nuovo disegno di legge sulla violenza di genere è fermo alla Camera, si segnala l’esempio della Spagna che ha approvato lo scorso anno una legge sulla libertà sessuale nota come “Solo sì è sì” e che punta i riflettori sul consenso in base a precisi parametri: “Il consenso può essere considerato tale solo quando sia stato liberamente manifestato attraverso atti che, a seconda delle circostanze del caso, esprimono in maniera chiara la volontà della persona”.
Il consenso è anche al centro della nuova direttiva del Parlamento Europeo approvata dalla Commissione sulla lotta agli abusi contro le donne, che modificherebbe la definizione di stupro negli ordinamenti nazionali rendendolo perseguibile in tutti i casi in cui sia mancato l’esplicito consenso della donna. Il testo prevede, inoltre, l’aumento a 20 anni del termine utile per denunciare una violenza.
Se da un lato l’allarmante fenomeno della violenza di genere spinge a invocare pene esemplari, il frequente coinvolgimento di giovanissimi evidenzia l’ulteriore necessità di ripartire da un’adeguata educazione affettiva e sessuale in ambito scolastico. Secondo quanto riportato dal Global Education Monitoring Report dell’Unesco pubblicato lo scorso febbraio, diversi Stati europei (tra cui l’Italia) non prevedono attualmente programmi curricolari obbligatori di questo tipo.