Caro Trump… Pubblicata la lettera che Obama ha lasciato al successore

di C. Alessandro Mauceri –

Negli Stati Uniti d’America è prassi ormai consolidata che ogni presidente in procinto di lasciare la Casa Bianca faccia trovare al proprio successore nella Sala Ovale una lettera “riservata” di benvenuto. Una sorta di passaggio del testimone assolutamente personale. E così è stato anche per il passaggio da Obama a Trump. Nei giorni scorsi però un famoso network americano, la Cnn, è entrato in possesso del contenuto di questa lettera. E lo ha reso pubblico.
Non sorprende, vista anche la differenza abissale tra i due presidenti, il 44esimo e il 45esimo, che Obama si sia limitato a poche, pochissime parole. Un saluto e un augurio così stringati da essere stati riportati in un elenco numerato contenuto in una sola paginetta.
Quattro i suggerimenti di Obama a Trump.
Innanzitutto Obama, il 44esimo presidente degli Usa, ha tenuto a ricordare al suo successore che sono stati molto fortunati: un motivo sufficiente per fare il possibile per aiutare “tutti i ragazzi e le famiglie disposti a lavorare duro”. “We’ve both been blessed, in different ways, with great good fortune. Not everyone is so lucky. It’s up to us to do everything we can (to) build more ladders of success for every child and family that’s willing to work hard”. Un suggerimento che cozza tremendamente con quanto è avvenuto fino ad ora: come conferma Elisabetta Grande nel suo libro “Guai ai poveri”, è in atto una “corsa al ribasso nello sfruttamento della mano d’opera” a vantaggio delle grandi imprese e “senza porre limiti etici”. Negli ultimi quarant’anni tutti i presidenti Usa che si sono succeduti (nessuno escluso) non sono riusciti nemmeno a rallentare la crescita della povertà. A partire dai tempi di Ronald Reagan gli Usa hanno eliminato una progressività impositiva, “fino a rendere la tassazione quasi regressiva, generando una fiscalità che agisce come un Robin Hood all’inverso, tramite le deduzioni ai ricchi, la sostanziale assenza di un’imposta ereditaria o la pressione fiscale ridotta sui capital gain”.
Il secondo consiglio di Obama ha un tono molto diverso: “la leadership americana in questo mondo è indispensabile” ed è compito degli Stati Uniti mantenere l’ “ordine mondiale post Guerra Fredda dal quale dipende la nostra ricchezza e sicurezza”. “American leadership in this world really is indispensable. It’s up to us, through action and example, to sustain the international order that’s expanded steadily since the end of the Cold War, and upon which our own wealth and safety depend”. Forse Obama non se n’è accorto, ma gli UsaA quella “leadership incontrastata” l’anno già persa. E non è servito continuare a scatenare guerre (chiamandole a volte missioni di pace e di democrazia) per conservare questa leadership.
Quindi Obama non ha mancato di ricordare che “tutti i presidenti sono solo occupanti temporanei di una carica che è più grande della loro persona”. E quindi i presidenti sono “guardiani di quelle istituzioni e tradizioni democratiche – il rispetto della legge, la separazione dei poteri, le libertà civili – per le quali i nostri predecessori hanno lottato e sono morti”. “We are just temporary occupants of this office. That makes us guardians of those democratic institutions and traditions — like rule of law, separation of powers, equal protection and civil liberties — that our forebears fought and bled for. Regardless of the push and pull of daily politics, it’s up to us to leave those instruments of our democracy at least as strong as we found them”. La parola “democrazia” è una delle più usate da tutti i presidenti che si sono succeduti da Lincoln in poi. Nel corso del proprio mandato Obama l’ha usata molte volte (“I cittadini americani devono proteggere la democrazia ed esserne guardiani” ha detto nel suo ultimo discorso alla nazione a gennaio). Si tratta di parole che praticamente tutti i presidenti americani hanno pronunciato almeno una volta durante il proprio mandato. I Bush, ad esempio, erano soliti usarle a ripetizione sostenendo di “portare la democrazia nel mondo” (un giornalista, Joihn Pilger, si prese la biga di contarle e scoprì che le parole “democrazia” e “libertà” erano state ripetute addirittura ventuno volte in un solo discorso).
Tante, troppe volte per non apparire oggi come uno stereotipo inutile.
Da ultimo, quasi a prevedere (se non ad augurare) grandi difficoltà durante il proprio mandato Obama augura a Trump a pensare, nei momenti difficili, ad amici e parenti. “Take time, in the rush of events and responsibilities, for friends and family. They’ll get you through the inevitable rough patches”. Parlare di solidità familiare ad una persona che ha già alle spalle tre matrimoni, con cinque figli e una carrettata di nipoti (nove) e parenti (alcuni dei quali gli hanno già creato non pochi problemi), forse era ironico, ma non lo si saprà mai.