‘Così sono fuggito dall’Iran’. La rocambolesca storia di Babak Monazzami

a cura di Vanessa Tomassini

Babak Monazzami è un giovane iraniano laureato in medicina tradizionale persiana, attivista politico contro il regime, ma anche modello e artista, con il suo fascino da playboy che nel suo Paese gli ha causato diversi problemi. Barba incolta e due occhi penetranti, abbiamo deciso di raccontare la sua storia e su come è riuscito a salvarsi dai servizi e dalle guardie che lo avevano ridotto in fin di vita. “Adesso sono in Germania – ci confessa -, mi piacerebbe aprire una galleria d’arte. In Italia organizzavo le manifestazioni di quella cosiddetta onda verde. Per questo dopo qualche anno ho iniziato a ricevere delle minacce da sconosciuti, io non ho dubbi che siano riconducibili al governo iraniano e sono stato costretto a sparire, per questo molti non sanno che io non vivo più stabilmente in Italia”.

– Vuole che non lo scriviamo?
“Io sono ancora un attivista, ma sono passati tanti anni e ad ogni modo se vogliono trovarmi possono farlo, ma cosa possono farmi? Uccidermi? Non ho paura, quello che dovevo fare l’ho fatto”.

– Speriamo di no. Andiamo avanti, quali contatti ha nel suo Paese e cosa sta accadendo?
Ho degli amici attivisti o i cui parenti lavorano nel governo e quindi mi arrivano molte notizie. Il numero degli arresti è molto maggiore di quello riportato sui media, in quanto le famiglie degli arrestati vengono minacciate di non informare nessuno. I fermi sono almeno il doppio o il triplo e la gente lo sa, perché come ho sperimentato io stesso quando vieni prelevato dagli agenti in borghese per la strada, nessuno sa che fine fai”.

– Ci racconti la sua storia. Da quando tempo è fuggito dall’Iran, arrivando in Italia?
Io sono scappato dall’Iran nel 2005, quando la situazione era ancora più complicata di oggi: più arresti, più torture, più rigidità. Io non sapevo neanche cosa significasse ‘rifugiato politico’, l’ho capito solamente dopo che erano trascorsi due anni che avevo dei diritti. Non avevo alcuna idea, non me lo aspettavo come non mi aspettavo di dover abbandonare il mio Paese, non avevo nemmeno fiducia nelle autorità europee perché credevo che mi avrebbero rimandato indietro se avessi raccontato la mia storia, le mie idee si basavano soltanto su quello che vivevo in Iran. Ho avuto tanta paura nel 2007 quando ho fatto richiesta di protezione all’Italia, dove sono arrivato col naso ed il piede rotto, alcune costole spezzate e ancora mezzo sanguinante, dopo che ero stato sottoposto perfino alle scosse elettriche”.

– Chi le ha fatto questo? La polizia iraniana?
Sono stati gli agenti dei servizi segreti iraniani, non la polizia”.

– Dove a Teheran?
Ero a Iswan, ma io non sapevo nemmeno dove mi trovavo esattamente, mi hanno ammanettato e caricato in una macchina senza che potessi vedere nulla, mentre mi rendevo conto che stavamo girando a lungo per la città”.

– Per quale motivo era stato arrestato?
In quel periodo non era difficile per noi studenti rivoluzionari o per chiunque altro essere arrestato. Bastava che fossi di bell’aspetto o essere attraente per le ragazze per essere fermati. Era molto più facile rispetto ad oggi che c’è più libertà. La mia colpa era quella di assomigliare ad una personalità sciita come vede in questa foto. Per la mia somiglianza a questo santo iraniano mi hanno fermato più volte, con la scusa di denunce delle famiglie dei martiri che hanno combattuto nella guerra con l’Iraq. Ma in realtà queste denunce non esistono, sono loro invenzioni per legittimare l’arresto di fronte alla legge, vengono create ad hoc dal governo teocratico senza alcun nome, senza alcuna firma. Quei martiri tra l’altro se avessero saputo che stavano andando a combattere per questo Governo che ruba milioni di dollari per finanziare Hezbollah o per la guerra in Siria, non l’avrebbero mai fatto. Sono sicuro, come le loro famiglie che oggi protestano, che i nostri caduti non hanno pace per quello che sta accadendo”.

– Lei mi stava dicendo che è arrivato in Italia con diverse fratture e ferite. Come ha fatto? Era stato rilasciato?
Quando mi hanno torturato, mi ricordo che mi trovavo in un edificio dei servizi d’informazione come li chiamano loro, che nessuno sa esattamente dove si trovano, ma sono presenti in tutte le città. Sotto questi edifici ci sono le prigioni. Io sapevo solamente che quando venivano a prelevarmi per picchiarmi, erano sempre passate le nove del mattino, non sapevo altro perché non filtrava luce quindi non riuscivo a capire se era giorno o notte, né tantomeno c’era un orologio in cella, l’orario delle torture era il mio unico riferimento temporale. Dopo le torture, le botte e le atrocità, perdevo sangue anche quando andavo ad urinare. Avevo dolori atroci, avevano preparato una stanza come un teatro dove il giudice mi avrebbe interrogato e mentre questa persona mi stava ponendo le domande, sono svenuto. Mi davano schiaffi in faccia, ma io non potevo reagire. Dopo che ho perso i sensi, mi sono svegliato in ospedale e da li sono riuscito a scappare grazie all’aiuto di un’infermiera che mi aveva detto di non aprire gli occhi, che avrebbe lasciato la finestra aperta. C’era un uomo in borghese che veniva a controllarmi ogni 15 minuti, ma grazie a quell’infermiera sono riuscito a fuggire dalla finestra, ancora sanguinante. Ho raggiunto la casa di un mio parente lontano che mi ha detto che ho dormito per 5 giorni di fila, mentre i familiari continuavano a cambiare le lenzuola sporche di sangue. Da lì sono andato a Teheran nascosto dai parenti, mia madre non sapeva nulla di quello che era successo, ho solamente informato mio padre e mio fratello che mi hanno aiutato a recuperare dei documenti falsi per poter lasciare il paese in aereo”.

– Cosa è successo in aeroporto, immaginiamo che c’erano dei controlli, com’è andata?
Quello che è accaduto in aeroporto è una scena degna dei migliori film hollywoodiani. Ho passato sei volte i controlli dei passaporti, senza che si accorgessero che il mio fosse falso. Sono stato un bravo attore, mi ricordo che l’ultimo controllo era quello dei pasdaran, ho camuffato il mio aspetto tingendo i capelli ed indossando un tipico abito da religioso, avevo in mano il corano e le perle, pregavo tantissimo veramente. Se mi avessero chiesto di sollevare il cappello quasi sicuramente mi avrebbero fermato, ma per fortuna in quel momento stava passando un gruppo di 5 o 6 diplomatici africani che non avevano mostrato i documenti. Mentre il ragazzo della sicurezza si è alzato per controllarli, io sono riuscito a passare. Solo grazie a questa coincidenza di pochi secondi, io mi sono salvato. Io credo che quegli africani erano angeli di Dio, li mi sono convinto della sua esistenza nel mio cammino”.

– La sua famiglia è ancora in Iran?
Mio padre e mio fratello sì, il resto della famiglia è fuggito dopo le proteste del 2009”.

-Non hai paura per loro?
Non hanno un indirizzo fisso, sarebbe difficile anche per me incontrarli e comunque loro non sono come me, non si interessano di politica e non manifestano. Io ho pagato per le mie scelte, io ho deciso di attaccare. Il popolo iraniano vede che la responsabilità di ciò che accade in Siria è del nostro governo, che dall’altra parte minaccia che se le proteste continuano succederà in Iran la stessa situazione. Se l’Iran dovesse divenire come la Siria sarebbe grazie al Governo non per i cittadini. Ora il regime sta esportando delle guardie dalla Palestina, dalla Siria che non parlano nemmeno una parola di persiano”.

– Cosa accadrà?
Nelle città piccole gli scontri continuano, anche sei media non ne parlano perché il governo controlla Internet. La prima cosa che la Comunità Internazionale dovrebbe chiedere è la rete internet satellitare non via cavo, così ci sarebbe più diffusione di ciò che accade. Solo così possono supportare il popolo iraniano”.

– Lei però sa che arrivano anche molte notizie false, qualche settimana fa si era parlato del ricovero di Ahmadineijad che stava morendo ad esempio. Chi pilota queste informazioni?
È il governo stesso che diffonde molte di queste notizie false per mettere in dubbio la credibilità di tutte le informazioni che arrivano dal Paese, pescando se lei muove l’acqua diventa torbida e il pesce non vede. Le notizie false vengono prodotte ad hoc per confondere la gente, il governo iraniano ha tantissima paura ad esempio di un canale che è presente anche su Telegram ed ha contatti con i servizi segreti ad altissimo livello, si chiama Amad News”.

Al termine dell’intervista Babak ci ha detto che non si fermerà, quando gli abbiamo chiesto se potevamo citare il suo nome ci ha risposto: “Io non ho nessuna paura, sono con il mio popolo che muore in prigione se io dovessi averla, cosa dovrebbe fare la gente in Iran? È brutto che la gente fuori dal Paese si auto censuri, non dobbiamo farlo, qui abbiamo la libertà e tutta la protezione da parte dell’Italia o dell’Europa, dobbiamo parlare, o tradiremo tutti quei giovani che stanno morendo nelle prigioni e per le strade per la nostra stessa libertà”.