Libia. Incontro a Roma dei deputati di Tripoli e di Tobruk. L’incognita Haftar

di Enrico Oliari

L’Italia continua ad avere un ruolo centrale nella difficile soluzione della crisi Libica, paese spaccato dalla presenza di due governi di cui uno “di Tripoli”, riconosciuto dalla comunità internazionale e guidato da Fayez al-Serraj, e l’altro “di Tobruk, frutto delle elezioni del giugno 2014, con a capo Abdullah al-Thinni e il cui uomo forte è il generale Khalifa Haftar. Ma anche da una miriade di tribù autonome, i cui rappresentanti, una sessantina, lo scorso 1 aprile si sono ritrovati a Roma presso il ministero dell’Interno per individuare un accordo di cooperazione sul freno ai traffici dei migranti.
E’ tuttavia evidente che la soluzione della crisi debba essere politica, per cui il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha ospitato a Roma i rappresentanti di entrambi i parlamenti, per quello di Tripoli il presidente dell’Alto Consiglio di Stato di Tripoli, Abderrahman al-Swehli, e per quello di Tobruk il presidente della Camera dei Rappresentanti di Tobruk, Aghila Saleh. Presenti anche numerosi deputati di entrambe le parti.
Per quanto l’iniziativa sia stata comunicata dalla Farnesina agli altri partner europei, al momento non vi sono dichiarazioni ufficiali.
Informazioni sull’incontro sono così arrivate dalla stampa libica, ed il Libya Herald ha riportato un comunicato dell’ufficio di Abderrahman al-Swehli in cui si parla di “clima amichevole” e di “apertura” in cui si sono svolti i colloqui. Viene inoltre indicata la possibilità che vi siano “ulteriori consultazioni” con lo scopo di arrivare alla fine degli scontri ed alla riconciliazione nazionale.
Appare sempre più evidente che l’ostacolo principale ad un accordo sia la figura di Khalifa Haftar, il quale aveva preteso nel quadro della formazione di un governo di unità nazionale la nomina quantomeno a ministro della Guerra, ma il generale continua ad essere osteggiato dalla composita parte “di Tripoli”, in particolare dai gruppi salafiti, e da alcune tribù occidentali. Haftar viene additato come spia degli Usa: i suoi detrattori lo accusano di essere stato al soldo di Washington in quanto, fatto prigioniero nel 1987 dall’esercito ciadiano in occasione della “Guerra delle Toyota”, è stato poi prelevato dalla Cia e portato negli Usa, dove vi è rimasto fino al 2011 per ricomparire in Libia a comandare la piazza di Bengasi nell’insurrezione che ha portato alla deposizione di Muammar Gheddafi.
Di certo i viaggi e i contatti di Haftar con la Russia non hanno fruttato quanto il generale sperava dal momento che Mosca ha evidentemente preferito tenersi lontana dal vespaio libico e comunque non intralciare la mediazione dell’Italia in una delle proprie zone di influenza.
In occasione del suo viaggio in America del Nord il premier italiano Paolo Gentiloni ha comunque messo le mani avanti affermando che “è necessario mantenere unita la Libia per evitare che un’eventuale divisione porti a ulteriori destabilizzazioni ed interventi esterni”, con evidente riferimento proprio alla Russia.
Gentiloni, che a Washington ha ricordato a Donald Trump che “Stabilizzare la Libia è fondamentale per evitare che Daesh, sconfitto in altri paesi, possa radicarsi lì, da dove potrebbe destabilizzare Egitto e Tunisia e minacciare l’Europa”, su Haftar ha detto che “Dovrebbe avere un ruolo, ma non quello di prossimo leader della Libia”.