Londra attenua l’”hard Brexit”: frontiera aperta con l’Irlanda e niente visti per i turisti. Ma restano scogli da superare

di Guido Keller

Se “hard Brexit deve essere, che hard Brexit sia”. Forse. Perché dalle posizioni rigide della prima ora ad oggi l’amministrazione May sembra puntare a compromessi che con il “leave” del referendum del 23 giungo dello scorso anno hanno poco a che fare.
Dopo il fuggi fuggi di aziende e la manifestata intenzione di Bruxelles ti spostare altrove l’Ema (Agenzia europea per il farmaco) e l’Eba (Agenzia Bancaria europea), in soldoni migliaia di posti di lavoro ed investimenti che vanno in fumo, a Londra sta mettendo sul piatto delle semi-aperture, ovvero proposte di compromesso da portare a Bruxelles nel quadro dei processi di divorzio.
I tre nodi principali per lo svolgimento delle trattative sono lo status dei cittadini europei residenti in Gran Bretagna, il denaro che Londra deve dare all’Ue per i progetti firmati fino al 2020 (70 miliardi per Bruxelles, 40 per Londra), e la questione dell’Irlanda del Nord, il cui conflitto con i nazionalisti irlandesi è venuto meno proprio perché entrambe le parti erano nell’Unione Europea.
Ieri il capo negoziatore britannico per la Brexit, David Davis, ha fatto sapere di essere intenzionato a proporre l’introduzione di un’unione doganale con l’Ue di carattere provvisorio, in modo da garantire la libera circolazione delle merci fino al 2019, cioè fino all’entrata in vigore dell’accordo definitivo, mentre oggi il governo britannico si è detto intenzionato a non introdurre controlli alle frontiere tra l’Irlanda del Nord e l’Irlanda.
Il documento del governo parla di un confine “senza infrastrutture di frontiera fisiche né posti di frontiera”, di fatto si tratta di lasciare le cose come stanno, ma da più parti si è fatto notare che la cosa rappresenterebbe una valvola attraverso la quale passerebbero comune persone (già oggi 30mila al giorno) e merci senza controlli: che senso avrebbe la Brexit nel momento in cui agli esportatori diretti da e all’Ue basterebbe recarsi in Irlanda per portare le merci in e dalla Gran Bretagna?
E sempre oggi è arrivata da Londra la proposta, che verrà introdotta nel documento che verrà presentato in autunno, di garantire ai turisti europei la libera circolazione, senza quindi la necessità del visto, mentre per i cittadini di qualsiasi Paese Ue che intenderanno trasferirsi in Gran Bretagna per studio, lavoro o qualsiasi altra ragione dovranno registrarsi ed ottenere uno specifico permesso.
Alla luce delle proposte messe in cantiere, dal dipartimento britannico per la Brexit è stato fatto sapere che “I funzionari del governo stanno lavorando a regime e siamo fiduciosi che per ottobre avremo fatto sufficienti progressi per poter far avanzare la trattativa alla prossima fase”, in quanto “È importante che entrambe le parti dimostrino un approccio dinamico e flessibile a ciascun stadio di negoziazione”.
Sarà ora da vedere cosa ne peserà il capo negoziatore europeo, il francese Michel Barnier, il quale aveva espresso perplessità proprio a fronte delle tre questioni, ed ancora non si è parlato in modo chiaro dello status dei 2,3 milioni di cittadini europei che già oggi risiedono in Gran Bretagna. Come pure sarà da vedere la questione dei soldi che Londra deve all’Ue, dal momento che la disparità fra pretesa e offerta è di “soli” 30 miliardi di euro.