CROAZIA. Zagabria cancella i debiti di 60mila cittadini. E non aderisce all’euro

di C. Alessandro Mauceri –

croaziaLa Croazia ha deciso di “cancellare” il debito dei suoi cittadini e di continuare ad usare la valuta nazionale, la kuna croata, rifiutando l’euro. Con la questa decisione il governo croato si propone di risolvere un problema non da poco: recentemente le banche hanno congelato, a causa dei debiti, i conti bancari di alcune centinaia di migliaia di cittadini. Una tecnica, quella di bloccare la circolazione di valuta e di chiudere le banche, niente affatto nuova: in passato sia la Grecia che Cipro erano state costrette, sebbene per un brevissimo periodo, ad attuarla e le conseguenze per le economie dei due paesi erano state disastrose. La Croazia ha deciso di agire diversamente e il governo ha anticipato tutti sottoscrivendo un accordo con banche e agenzie finanziarie.
In base a quanto sottoscritto, lo stato rinuncia ai crediti maturati dalle persone in difficoltà. Un esempio di welfare invidiabile e ben lontano dai falsi welfare sventolati nella maggior parte dei paesi europei, specie i più poveri. Tanto più che a compiere quest’atto è stato uno degli ultimi a entrare a far parte dell’Ue: la Croazia è diventata ufficialmente il 28esimo paese dell’Unione Europea solo nel luglio del 2013. E proprio a partire da quella data è iniziato il processo di valutazione per l’adozione dell’euro. Un percorso che, però, non sembra essere destinato a concludersi (di solito, richiede non meno di due anni).
La decisione presa dalla Croazia potrebbe avere un peso economico e politico non indifferenti: è la dimostrazione che l’unione monetaria non è più appetibile e che i Paesi che restano al di fuori dell’area Euro sono anche quelli che subiranno di meno le conseguenze della crisi economica cominciata nel 2007 (si pensi, ad esempio, all’Inghilterra e alla Repubblica Ceca che hanno deciso di non ratificare il Fiscal Compact e quindi di non essere costretti a rispettare le regole del pareggio di bilancio).
Chi governa in Croazia ha capito che, con un rapporto debito/Pil intorno al 56,3%, si sarebbe finiti sotto la mannaia del Fiscal Compact e che i cittadini sarebbero stati costretti a pagare interessi enormi. Non solo, ma rinunciando all’euro anche il vincolo deficit/Pil sarebbe stato evitato.
A volere fermamente entrambe le misure, il rifiuto dell’Euro e la cancellazione dei debiti bancari, è stato il premier Zoran Milanovic, che è riuscito a coinvolgere, oltre a molti cittadini, numerose aziende sia pubbliche che private e, addirittura, le stesse diverse banche croate.
Secondo alcuni economisti, tra i quali Timothy Ash, chief economist della banca londinese Standard Bank, si tratta di “un classico caso di populismo” visto che la situazione dell’economia croata non è certo rosea. In Croazia il tasso di disoccupazione è vicino ai 20 punti percentuali e, dal 2008 ad oggi, il Pil è calato del 12 per cento. Diversa l’opinione di altri economisti: la misura potrebbe permettere alla Croazia di risollevarsi dalla crisi più velocemente di altri paesi e, grazie alla misura voluta dal governo, circa 60mila cittadini (su una popolazione di poco più di quattro milioni di abitanti) potranno beneficiare di un’amnistia fino a circa 4.500 euro di debito. Soldi che potrebbero essere reinvestiti e produrre risultati positivi in tempi rapidi.
Tutti gli esperti di geopolitica attendono, però, di vedere quali effetti avrà questa decisione sugli altri paesi europei: da tempo, infatti, in Europa non si parla più di “nuove adesioni” e diversi stati che era previsto sarebbero entrati a far parte del calderone dei paesi europei hanno rinunciato. Come l’Islanda del premier Sigmundur Davíð Gunnlaugsson; o la Polonia, che rinuncerà all’euro: a marzo il presidente polacco Bronisław Komorowski, ha deciso di rinviare la decisione se aderire o meno alla moneta unica per altri 2 anni, il tempo necessario per “valutare costi e benefici”, ha spiegato.
In Croazia, per una volta, il governo ha deciso di conservare la sovranità nazionale del paese e di decidere del proprio futuro rispettando la volontà dei cittadini: stando ad un sondaggio di novembre, il 67,9% della popolazione nutrirebbe sentimenti negativi al riguardo della Ue.
Una posizione difficilmente criticabile specie dopo le dichiarazioni della commissaria europea al Commercio, Cecilia Malmström, la quale in un’audizione al Parlamento europeo, parlando del Ttip, l’accordo che dovrebbe creare un’area di libero scambio tra Ue e Usa (accordo che favorirà le grandi multinazionali ma che avrà conseguenze devastanti per le piccole e medie imprese di tutti i paesi dell’Ue), ha dichiarato che “il negoziato sull’Isds è nel mandato della Commissione” e che andrà avanti anche se nella consultazione lanciata dalla Commissione “la grande maggioranza delle persone si è espressa contro il Ttip, in generale, e contro l’Isds in particolare”. Un chiaro esempio di come, oggi, vengono gestiti i paesi dell’Ue.