Argentina. Economia: un 2023 tra luci (poche) e ombre (tante)

di Francesco Giappichini –

Dopo la vittoria dell’Argentina nel Campionato mondiale di calcio 2022, molti analisti hanno valutato in che misura la Coppa potrà migliorare la turbolenta situazione economica del Paese. Tanti sono stati gli approfondimenti seguiti allo studio di Marco Mello (Università del Surrey). Secondo la ricerca (“World cup: it’s the winning, not the hosting, that delivers an economic boost”), il prodotto interno lordo (PIL) della Nazione vincente, beneficerà di “almeno 0,25 punti percentuali nei due trimestri successivi”. Qui ci limiteremo all’attuale situazione economica, e alle previsioni per il 2023, non dimenticando che la vittoria rappresenta un elemento di coesione, capace di stemperare le tensioni politiche, e un fattore di “mejora del humor social y una mayor predisposición al consumo”, come testimoniato dal recente accordo col Paraguay per il trasporto terrestre di passeggeri. Il 2023 sarà un anno elettorale, e la campagna per le presidenziali di ottobre potrebbe depotenziare la politica monetaria restrittiva, elaborata dal ministro dell’Economia Sergio Massa. Questa linea, mirata anche a frenare la svalutazione, è stata il presupposto per il recente accordo col Fondo monetario internazionale (Fmi), cui hanno contribuito l’appoggio dell’occidente, Casa Bianca in primis, e l’elasticità di valutazione dell’organo.
Va da sé che un mix esplosivo fatto di scarsa crescita e inflazione, può determinare la sconfitta del peronismo al potere. In questa fine del 2022, complice anche il lieve aumento dei consumi legati alla vittoria in Qatar, i numeri macroeconomici non paiono drammatici: il rimbalzo post-pandemico, e il suo effetto trascinamento, spingeranno l’aumento del PIL sino a un soddisfacente + 5,3% sul 2021. Sì, perché dopo la debacle pandemica del 2020, pari al – 9,9%, il 2021 fece registrare un sorprendente + 10,3% sui 12 mesi precedenti. Si fa poi notare che era dal lontano 2011, che l’economia argentina non faceva segnare il segno più, per due anni di seguito.
Preoccupanti invece le magre previsioni per il 2023: si pronostica una crescita dello 0,7 per cento, che sarebbe insufficiente per le necessità sociali del Paese. Su questo dato tanto modesto avrebbe inciso anche la siccità, che sta colpendo le vaste aree rurali in cui domina l’agribusiness. Si teme così che gli investimenti stranieri nel settore agricolo possano ridursi, aggravando la cronica mancanza di valuta forte nelle casse nazionali, (cui contribuisce anche il caos cambiario dei cambi paralleli). I flussi finanziari dall’estero dovrebbero invece essere copiosi nel settore energetico degli idrocarburi (gas e petrolio).
Naturalmente le preoccupazioni provengono soprattutto da un’inflazione che si avvicina alle tre cifre (e che solo ultimamente pare aver rallentato la corsa): un fenomeno che obbliga gli analisti europei a rispolverare principi sepolti nei manuali di macroeconomia. Sì, perché la buona tenuta dei consumi nei primi tre trimestri dell’anno, è stata imputata anche all’inflazione, ossia alla necessità, da parte dei cittadini, di spendere e liberarsi di cartamoneta sempre più deprezzata. La corsa dei prezzi continuerà a far da zavorra all’economia: se il dato su base annua di novembre ha raggiunto il 92,4%, record degli ultimi 30 anni, le stime per il 2023 annunciano la cifra monstre del 99,7. Mentre il governo ha cercato di frenare il fenomeno inflattivo attraverso il programma “Precios justos”: elaborato dal ministro Massa, ha congelato il prezzo di 1700 prodotti.