Benin. Talon nuovo presidente

di Valentino De Bernardis –

talon patriceE’ sufficiente catapultare una personalità, di provata esperienza e prestigio internazionale, alla guida dell’esecutivo di un paese per poco meno di un anno, per poi sperare in una sua affermazione nel segreto delle urne, quando la popolazione è chiamata a giudicarne l’operato? Difficilissimo. Impossibile se poi si aggiunge che la personalità in questione non ha alcuna rilevante esperienza politica pregressa, un quasi totale scollamento dal tessuto sociale del paese, ed una vita lavorativa e personale prevalentemente trascorsa all’estero.
Questo è in poche righe quanto accaduto negli ultimi mesi in Benin, e di come il progetto politico del presidente della repubblica uscente Thomas Boni Yayi, di voler guidare il periodo di transizione proponendo un nome a lui favorevole, sia stato bocciato senza riserve dalla popolazione chiamata al voto nel ballottaggio per le elezioni presidenziali di domenica 20 marzo.
Giunto ormai al limite dei due mandati presidenziali consecutivi, non potendosi candidare nuovamente come imposto dalla costituzione, ed impossibilitato a modificare la stessa non avendo i numeri necessari in parlamento, Yayi ha deciso di appoggiare direttamente la candidatura del primo ministro in carica Lionel Zinsou alla presidenza del Benin, sperando in caso di successo di poter giocare ancora un ruolo di primo piano all’interno delle istituzioni. Una speranza andata in fumo con il secondo turno delle votazioni, quando le opposizioni sono riuscite a far fronte comune, e a far convergere i propri voti su Patrice Talon.
Con il voto del primo turno il 6 marzo Zinsou, candidato della coalizione di governo, si è attestato poco sopra il 27% delle preferenze, ben al di sotto di quanto auspicato e sopratutto necessario per ottenere la presidenza ed evitare il ballottaggio.
Discorso diverso per Talon che attraverso una precisa azione politica, e di una campagna elettorale esemplare, è riuscito a tramutare il 23,5% delle preferenze raccolte, in uno straboccante 65,3%. Un dato pesantissimo che senza circonlocuzione, si può semplicemente definire una totale disfatta per la coalizione al potere, ma andiamo ad analizzare ogni passo che ha condotto ad un tale risultato.

Fattore razziale.
In campagna elettorale tutto vale, e il tempo trascorso da Zinsou nella ex madrepatria francese ha avuto un peso determinante nelle votazioni, non a caso uno degli appellativi più popolari, affibbiatogli dai suo detrattori, è stato quello di “uomo bianco”. Questo ha avuto un ruolo chiave nella strategia elettorale di Talon, che non ha mancato occasione per presentarsi come vero beninese, impegnato a mettersi al servizio del suo popolo, e soprattutto a pronto a prendere decisioni per il suo bene, senza dover sottostare a fantomatiche regie straniere, specialmente francesi. Temi ed accuse a cui le opposizioni avevano fatto ricorso già lo scorso giugno quando Zinsou fu paracadutato dall’estero direttamente alla guida dell’esecutivo. Si è quindi lavorato per creare quel dualismo populista sempre efficace di NOI contro Loro, efficacissima poi in Africa quando si vanno ad affrontare questioni che ancora fanno male alla memoria collettiva.

Fattore economico.
Il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione e il consolidamento della crescita economica nazionale sono stati i temi affrontati direttamente da entrambi i candidati in ballottaggio. Banchiere prestato alla politica Zinsou, importante uomo d’affari legato alla commercializzazione del cotone Talon, entrambi hanno proposto piani di sviluppo pluriennale per diversificare l’economia ancora troppo dipendente dal prezzo del cotone sui mercati internazionali, mitigare l’eccessiva subordinazione dalle questioni interne di un vicino ingombrante come la Nigeria, e sopratutto lotta senza quartiere all’elevata disoccupazione e alla corruzione endogena che creano malcontento e tensioni sociali. Ambito economico vinto mani basse da Talon, che ha legato il nome del suo avversario a quello del presidente Yayi, il quale in due mandati non è riuscito a risolvere molte delle questioni aperte. Inoltre, l’esempio del self-made man di Talon, nato di umili origini, ha fatto breccia nell’elettorato giovanile, che lo ha visto come un uomo capace di far fare al paese il necessario salto di qualità necessario per migliorare le condizioni di vita della popolazione, così come in passato ha fatto con la sua.

Fattore politico.
Fare squadra per raggiungere un obiettivo comune. Una litania con la quale Talon è riuscito ad ottenere il supporto di ventiquattro dei trentadue candidati alla presidenza, inclusi Sebastian Ajavon che al primo turno aveva raccolto il 22% delle preferenze, Abdoulaye Bio-Tchane (8,2%) e Pascal Irenee Koupaki (5,6%). L’obiettivo comune di allontanare Yayi e i suoi accoliti dalla guida del Benin è stato un elemento unificatore assoluto tra le forze di opposizione; davanti al quale nulla ha potuto l’alleanza storica tra i tre maggiori partiti nazioni come il Forces Cauris pour un Benin emergent (FCBE), la Renaissance Benin (RB), e il Parti du renouveau democratique (PRD) in sostegno di Zinsou.
Il giorno dopo le elezioni, rimane sul tavolo una lezione di democrazia del Benin ai paesi limitrofi e non solo. Una transizione pacifica affatto scontata, a cui tutti guardano con attenzione. Con tali buoni auspici, si rimane ora ad osservare quanto delle promesse elettorali saranno mantenute da Talon e quali no.

Nella foto: Patrice Talon.

@debernardisv
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