Birmania. Golpe militare, arrestata Aung San Suu Kyi

di Enrico Oliari

Il colpo di Stato in Birmania era nell’aria già da giorni, fin da quando l’esercito, che controlla un quarto del potere effettivo del paese orientale, ha preso a denunciare brogli elettorali in merito alle elezioni di novembre, che hanno stabilito la vittoria piena della Lega nazionale per la democrazia (Lnd). Nelle seconde elezioni libere il partito di Aung San Suu Kyi si è imposto con una larghissima maggioranza di 368 seggi sull’Usdp (Union Solidarity and Development Party), una coalizione di 23 partiti sostenuta dai militari e guidata dal generale Than Htay, che ha preso 23 seggi.
Questa notte, poco prima dell’insediamento del nuovo Parlamento, le comunicazioni e la fornitura di energia elettrica sono state tagliate nella capitale Naypyidaw e in altre città, sono girati i blindati ed i militari hanno dichiarato lo stato d’emergenza, ma le notizie faticano a uscire dal paese.
Alle prime luci dell’alba è tornata l’energia elettrica, l’esercito ha annunciato via tv di aver preso il controllo del paese e che è stato stabilito un anno di stato d’emergenza; il potere è passato nelle mani del generale Min Aung Hlaing, che ha subito disposto l’arresto del consigliere di Stato Aung San Suu Kyi, di esponenti del governo e dei vertici della Lega nazionale per la democrazia.
La cosa incredibile è che solo ieri i militari avevano smentito le voci su un possibile golpe ed avevano piena fedeltà alla democrazia. Oggi, dopo il golpe, hanno reso noto con un comunicato che “faremo tutto il possibile per aderire alle norme democratiche di elezioni libere ed eque, come stabilito dalla Costituzione del 2008, pace duratura e benessere e prosperità inclusivi per il popolo del Myanmar”. La presidenza del paese è passata al generale Myint Swe.
Al momento internet continua ad essere bloccato, diversi servizi come quelli bancari risultano sospesi.
Con un comunicato diffuso via Twitter il Pesc Josep Borrell ha fatto sapere che “Condanno fermamente il colpo di stato dei militari”, “chiedo un immediato rilascio dei detenuti”. “I risultati elettorali e la costituzione devono essere rispettati. Il popolo della Birmania vuole la democrazia. L’Ue è con loro”, ha insistito ha continuato l’Alto rappresentante della Politica estera dell’Ue. Dello stesso tono il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, il quale ha espresso condannare il colpo di stato e ha chiesto “ai militari di rilasciare quanti sono stati detenuti illegalmente durante i raid in tutto il Paese. Il risultato delle elezioni deve essere rispettato e deve essere ripristinato il processo democratico”.
Da Washington è intervenuto il segretario di stato Antony Blinken, il quale ha invitato l’esercito birmano “a rilasciare tutti i funzionari governativi nonché i leader della società civile e a rispettare la volontà del popolo birmano espressa alle elezioni democratiche dell’8 novembre”.
Aung San Suu Kyi è stata insignita del Premio Nobel per la Pace nel 1991, ma successivamente è stata oggetto di importanti critiche da parte dell’opinione pubblica mondiale per aver taciuto o comunque non aver ostacolato da consigliere di stato la persecuzione della minoranza etnico-religiosa dei Rohingya, oggetto di una vera e propria pulizia etnica che vede tra i responsabili propri il generale Min Aung Hlaing.

Aung San Suu-kyi