Brasile. Le grandi sfide di Lula

di Paolo Menchi

Tornato ad essere ufficialmente il Presidente del Brasile, Lula, che con i suoi 77 anni non è più un ragazzino, si trova di fronte ad una serie di problematiche storiche, aggravate dal suo predecessore, che lo hanno accompagnato anche durante i precedenti anni di presidenza, ma con la novità del problema rappresentato dal cosiddetto bolsonarismo.
Così come negli Stati Uniti in ampie fasce della popolazione, particolarmente in certe zone rurali, resta forte l’appoggio a Trump, un’alta percentuale dei brasiliani non ha accettato la sconfitta di Bolsonaro ed è pronta ad appoggiare l’ex presidente, anche con l’uso delle armi.
La giustificazione è la tesi complottista, secondo la quale le elezioni sono state truccate e il silenzio dello stesso Bolsonaro, che ha passato i poteri senza accettare mai ufficialmente la sconfitta, non fanno altro che alimentare i gesti estremi dei più esagitati che avevano già creato grossi problemi bloccando le strade principali subito dopo l’esito del voto.
C’è sempre il rischio che, magari di fronte ad una crisi economica o altra causa scatenante, questi gruppi prendano vigore e trovino anche l’appoggio delle forze armate e della polizia, finora fedeli a Lula, ma all’interno delle quali negli ultimi anni si è sviluppata una certa radicalizzazione politica.
Non dimentichiamo anche che il Partito Liberale di Bolsonaro è quello che ha il maggior numero di deputati (99 su 513) e che il governo si regge sull’accordo tra varie forze politiche che potrebbe renderlo più vulnerabile.
A parte questo, il primo problema che Lula dovrà cercare di risolvere, e lui stesso ne ha fatto uno dei suoi primi obiettivi, è quello della fame di cui soffrono 33 milioni di brasiliani con una percentuale del 15,5%, in aumento rispetto a quella che era stata calcolata (9,5%) nel 2004 ai tempi del suo primo governo quando, grazie ad una serie di politiche sociali, ben 30 milioni di persone salirono alla classe media.
Chiaramente ogni politica sociale si scontra con la necessità di aumentare la spesa pubblica necessaria per finanziare questi programmi, con il rischio che il conseguente aumento della domanda porti ad una ulteriore crescita dell’inflazione. Sarà quindi compito del governo non farne ricadere gli effetti negativi sulla popolazione più povera.
Da non dimenticare inoltre lo sforzo che dovrà essere fatto dal nuovo governo per cercare di proteggere l’Amazzonia, dopo le sconsiderate politiche di Bolsonaro che non hai mai nascosto il suo obiettivo di volerla utilizzare a fini commerciali, tanto che, negli ultimi quattro anni, il tasso di deforestazione è aumentato del 59% rispetto allo stesso periodo precedente, oltretutto sono stati tolti i controlli statali contro gli abbattimenti illegali di alberi, mettendo ancora più a rischio il patrimonio di biodiversità che ingloba e il cosiddetto polmone verde della terra.